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Le coste italiane come Sharm el Sheikh?

Pubblichiamo una lettera del Vice-Presidente della Federazione nazionale Pro Natura, Marco La Viola, inviata alla redazione de La Stampa in risposta all'intervista fatta al Sig. Ernesto Preatoni, uscita il 19 agosto u.s. sul quotidiano, sull'impossibilità in Italia di realizzare strutture a sostegno del turismo. Potete trovare il testo dell'intervista allegato al fondo della presente.

 

Egregio Direttore,

sul numero del 19 agosto, nell’ambito di una serie di articoli nei quali esaminavate le motivazioni dell’incapacità da parte dell’Italia di non riuscire ad attirare quei turisti che, a causa della crisi in atto in Egitto, sono stati costretti o hanno rinunciato a recarsi in vacanza in quel paese, era presente un’intervista al sig. Ernesto Preatoni, indicato nell’articolo come il “creatore del turismo a Sharm el Sheikh”.

Nell’intervista il sig. Preatoni ha fatto alcune affermazioni che suscitano, a nostro parere, forti perplessità.

Al di là della “solita” questione della mancanza di infrastrutture, senza peraltro precisare dove e quali tipologie sarebbero mancanti (strade, ferrovie, aeroporti?) sostenere, come fa il sig. Preatoni, che i problemi del settore turistico in Italia risiedono nell’impossibilità di realizzare nel nostro paese strutture come quelle da lui costruite in Myanmar (barriere che regolano il flusso della marea a 300 metri dalla costa così da creare un lago artificiale di 150 mila metri quadrati in cui piantare delle palafitte) oppure nel divieto vigente in Sardegna di edificare a meno di 2 chilometri dalla costa, appaiono quanto meno fuorvianti, inducendo nel lettore l’idea che le regole poste a protezione dei territori a vocazione turistica siano solo degli inutili ostacoli frapposti a tutte le nuove iniziative avanzate dagli operatori del settore turistico-alberghiero.

Ciò che il sig. Preatoni cita come “ostacoli”, ci sembra piuttosto che siano definibili come processi tecnico-politici di esercitare un corretto “governo del territorio” e una corretta gestione dei beni naturali, ambientali e culturali. Ciò in accordo con quanto recita l’art. 9 della nostra Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”

L’esempio della Sardegna, che nell’intervista viene citato come negativo, è quindi, semmai, il lodevole tentativo di limitare gli enormi danni che in tante parti d’Italia sono stati perpetrati in passato (e in molti casi si continuano a perpetrare) costruendo senza alcuna regola lungo le coste, sulle montagne, nei centri storici, a volte addirittura nelle aree protette, il tutto in un vero e proprio “attacco al territorio e al paesaggio”, che ha causato e causa nello stesso tempo un danno diretto all’ecosistema, l’impoverimento di un patrimonio che è non solo naturale, ma anche culturale, un’omologazione a modelli economici che annulla le peculiarità.

E l’attenzione che una parte della società italiana - singoli cittadini, ma anche gruppi e associazioni - ha nei confronti del paesaggio e dell’ambiente, non è nient’altro che la riscoperta di un modus operandi che quasi “naturalmente” è stato applicato in Italia per secoli, e che è una delle ragioni che hanno reso così unico e attraente il nostro paese, prima per i viaggiatori del XVIII e XIX secolo, e poi per i turisti della contemporaneità.

Invece è proprio nell’incapacità (o nella perdita di capacità) di governare il territorio che si è verificata in Italia, e nei danni da ciò conseguenti, che a nostro parere va ricercata una delle principali cause della disaffezione dei turisti nei confronti del “Belpaese”.

Governo del territorio che, attenzione, non vuol dire impedimento o congelamento di tutte le iniziative; vuol dire invece individuazione di modalità di sviluppo turistico che contemporaneamente esaltino le specificità territoriali, tutelino il patrimonio ambientale, culturale e paesaggistico, siano occasione per uno sviluppo delle economie locali.

Il tutto però necessariamente richiede la partecipazione delle comunità, nell’ambito di procedure chiare, trasparenti e democratiche.

Più di qualche perplessità desta quindi il portare come esempi Dubai o il Myanmar, dove di certo non vigono le stesse regole di partecipazione democratica al governo, e in particolare al governo del territorio, regole e prassi che in parte esistono in Italia e che sono comuni in molte di quelle nazioni che si trovano più in alto dell’Italia nella classifica dei paesi più visitati.

Basti a questo proposito l’esempio della Corsica settentrionale e in particolare dell’area di Capo Corso. Qui, attraverso un’accorta gestione delle risorse ambientali e del territorio, sono riusciti e riescono, senza riempire il territorio di infrastrutture e residenze, a proporre un’offerta di qualità, in cui la natura e il paesaggio sono rispettati, diventando anzi componenti essenziali della stessa offerta turistica.

Marco La Viola

Vice-Presidente Federazione Nazionale Pro Natura

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