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Il Museo Laboratorio della Fauna Minore di San Severino Lucano (Potenza)

Valentino Valentini (entomologo e scrittore naturalista, direttore del Museo)

Negli incantevoli luoghi che la Natura ci ha preservato, a valere per tutti gli organismi viventi e non soltanto per i “sapiens”, una grande famiglia formata da piante, animali e esseri umani è cresciuta da secoli nel rispetto e in armonia.
Una perfetta simbiosi tra l’Uomo e la Natura ha permesso da tempo immemorabile di convivere in un pianeta sano e ricco di risorse, un legame fatto di rispetto, protezione e amore. Purtroppo le cose oggi sono cambiate, e, come sta dimostrando l’attuale pandemia, non si vive più quel legame, l’abbiamo perso. Inoltre le prospettive e la
“minaccia” d’un enorme aumento della popolazione umana già da qualche tempo stanno mettendo in primo piano una sommatoria di problemi ambientali, questo soprattutto perché la volontà e la possibilità dell’uomo di modificare (e inquinare) l’ambiente in cui vive si sono sviluppate molto, ma molto più in fretta della sua capacità di comprendere come funziona il nostro ambiente naturale, in modo da preservare il costante sviluppo della vita. Ciò posto, attraverso la dura lezione del Coronavirus oggi abbiamo l’opportunità di riconsiderare seriamente come facciamo “business” con la biosfera per rifondare la convivenza umana in senso ecologico, per rinsaldare la relazione Uomo-Natura, assumendoci la piena responsabilità nei confronti degli ecosistemi naturali.  
Ho motivo di ritenere che la realizzazione di un civico museo di scienze naturali e ambientali, costruito sulla falsariga di quanto realizzato in San Severino Lucano – stiamo parlando del Museo Laboratorio della Fauna Minore sul Parco Nazionale del Pollino – può avere l’ambizione di provare a ricucire quel rispetto e quell’attenzione per la Natura e per ogni vivente.  

Proviamo a descrivere brevemente in cosa consiste l’istituzione di un moderno museo di storia naturale e ambientale, un tipo di museo inesistente, peraltro, nelle estreme regioni meridionali.  
Il “Museo di Scienze Naturali è un’istituzione permanente al servizio della società e del suo sviluppo (oggi si parla anche e soprattutto di “sviluppo sostenibile”…), è aperto al pubblico e ha funzioni di ricerca, conservazione e valorizzazione di un insieme di beni naturali e culturali che acquisisce, conserva e soprattutto espone ai fini di studio, educazione e diletto, e serve ad integrare anche la scuola e la famiglia nell’orientare i ragazzi verso scelte di vita consapevoli e sostenibili”.  
A dispetto di quanto sopra nel nostro Paese la situazione dei musei naturalistici è tutt’altro che rosea: Franco Andreone, Conservatore del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, scrive che in Italia i musei naturalistici costituiscono la “cenerentola” del mondo museale italiano, tanto che ciascuno fa storia a sé, chi dipende dall’Università, chi dalla Regione o dal Comune, chi addirittura dalla beneficenza o dalla Parrocchia, altri dalla “politica” che sostanzialmente se ne disinteressa, col risultato che ciascuno fa quel che crede o che può, senza una direzione univoca e coerente. L’ex presidente della S.E.I. (Società Entomologica Italiana) prof. Francesco
Pennacchio, ha scritto che: “da sempre le regioni centro meridionali del nostro Paese sono purtroppo tragicamente prive di musei e strutture di tipo naturalistico ove svolgere, soprattutto a favore dei ragazzi, quella fondamentale attività divulgativa di avvicinamento alla natura (che poi genera “bioempatia”), e che potrebbe spingerli, una volta adulti, a non ripetere gli errori commessi contro i beni ambientali  dalle generazioni che li hanno preceduti”. E su quel suo “tragicamente” ci sarebbe tanto da riflettere!  

La bioempatia, appunto, la capacità cioè di considerare le cose anche dal punto di vista della Natura, c'insegna ad apprezzare il modo in cui tutte le creature viventi, uomo compreso, sono interconnesse, ci fa scoprire tutto il buono, il giusto, il bello del ciclo della vita, il che non è poco visto i tempi che corrono.
Imparare la bioempatia attraverso la visita e la frequentazione di un museo di storia naturale moderno, dove non vi siano solo piante e animali morti e rinsecchiti ma soprattutto utili riferimenti alla struttura e funzioni degli ecosistemi naturali (E.P.Odum, 1969), oggi costituisce uno degli strumenti più avanzati e moderni per adeguarci anche alle direttive dell’Agenda Europea 2030 sulla Sostenibilità Ambientale, un complesso di principi che preludono certo ad un ritorno ai valori autentici dell’uomo, un uomo cui la modernità ha imposto invece ritmi che lo hanno pericolosamente allontanato dai suoi bisogni primari e fondamentali: natura, ambiente e salute.

Non dimentichiamo, inoltre, che la Direttiva UE più recente definisce un Atto del Ministero della Transizione Ecologica secondo il quale è necessario proteggere e migliorare la biodiversità a mezzo del mantenimento in salute del nostro territorio e degli ecosistemi, e implementare le azioni di salvaguardia degli “insetti impollinatori” in Parchi e aree naturali protette, ma con sguardo attento anche, e bioempaticamente, al resto del territorio delle estreme regioni meridionali a vocazione naturalistica.

La realizzazione di presidi culturali permanenti, muniti anche di adeguati laboratori didattici, potrebbe portare anche posti di lavoro e grandi benefici per il territorio e per l’ambiente, stimolando la popolazione e facendola crescere in bioempatia, oltre a rappresentare un’ottima meta per le visite scolastiche e un’importante attrattiva per quell’ecoturismo, oggi in via di maggiore sviluppo che, com’è noto, costituisce uno dei segmenti basilari del turismo “verde” nel nostro Paese.

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