Posidonia: le foreste sottomarine
Ferdinando Boero
Posidonia oceanica, una delle più importanti piante dell’area Mediterranea, è spesso confusa con un’alga. È invece una pianta con fiori e frutti, che abita i fondali mediterranei dalla superficie fino a 30-40 m e, se l’acqua è particolarmente limpida, anche a profondità maggiori. Come molte altre piante, la posidonia perde le foglie e queste si accumulano sulle spiagge dove, di solito, vengono chiamate “alghe” da chi non sia molto esperto di mare. La città sarda di Alghero deve il suo nome agli ingenti ammassi di foglie di posidonia che si accumulano da tempi immemorabili sulle sue spiagge e che, ovviamente, sono da sempre considerati alghe.
La posidonia ha radici che si insinuano tra le rocce o la sabbia (a seconda del fondale), un fusto, detto rizoma, e un fascio di foglie. I rizomi morti restano sul posto e su di essi crescono i nuovi rizomi, formando piattaforme che innalzano il livello del fondo marino, rendendolo compatto. Le praterie di posidonia sono presenti lungo tutte le coste italiane, con l’eccezione di quelle del centro e del nord Adriatico. Molte specie oggetto di protezione sono rare, ma la posidonia è un habitat prioritario per l’Unione Europea proprio per la grande diffusione delle sue praterie.
Perché sono così importanti?
Il primo motivo, ovviamente, è che sono un’espressione della natura, e già solo per questo meritano rispetto. Ma le praterie di posidonia rivestono grande utilità anche per la nostra specie. Dato che le piattaforme sono vere e proprie biocostruzioni, come le formazioni coralline tropicali, se c’è la posidonia, il fondale è “vivo” e cresce. Se manca la posidonia il fondale va più facilmente in erosione a causa del moto ondoso. Il primo servizio che la posidonia ci offre, quindi, è di proteggere le coste dall’erosione e non è solo la presenza dei rizomi attaccati al fondo a smorzare l’azione delle onde. Le foglie vive, attaccate ai rizomi, infatti, attutiscono il moto ondoso e lo rendono meno devastante. Anche le foglie morte svolgono ruoli importanti. Queste, infatti, sulle spiagge formano ammassi enormi, abitati da una fauna molto particolare, su cui si frangono le onde. Invece di portar via la sabbia, le onde si accaniscono sulle foglie morte che, quindi, sono un’efficace difesa costiera. Le foglie si sfilacciano e le onde le “lavorano” facendole diventare quelle palle di fibre che i biologi chiamano egapropili. Sono in molti a considerare come sporcizia gli ammassi di foglie che, quindi, vengono rimossi. Chi va al mare, spesso, vorrebbe essere come in piscina, e considera “sporcizia” ogni manifestazione della natura. Un grave errore. Assieme alle foglie, infatti, si rimuove anche la sabbia e, tolta la protezione, le onde erodono la spiaggia “pulita”. Oltre a proteggere la costa dall’erosione, inoltre, le praterie di posidonia sono un habitat accogliente per molte specie di pesci di valore commerciale, soprattutto per gli stadi giovanili che trovano rifugio tra foglie e rizomi: la posidonia aumenta la pescosità del mare! Oltre ai pesci, spesso considerati come l’unica manifestazione di un qualche valore della vita marina, la posidonia ospita numerose specie che vivono solo in questo habitat. Si tratta di piccoli invertebrati, e di alghe. La maggior parte della biodiversità è costituita da specie poco appariscenti che, a occhi profani, non rivestono particolare importanza. Sono queste specie a rendere possibile il funzionamento degli ecosistemi e, quindi, anche l’esistenza della fauna che tanto ci piace. Come tutte le piante, inoltre, la posidonia assorbe anidride carbonica e produce ossigeno. Le nostre attività, invece, consumano ossigeno e producono anidride carbonica. La deforestazione è un moltiplicatore del cambiamento climatico dovuto a eccesso di anidride carbonica in atmosfera, e la perdita di praterie di posidonia è una forma di deforestazione, con conseguenze identiche a quelle riscontrate a terra: diminuisce la biodiversità, aumenta l’erosione, si perde il “servizio” di rimozione di anidride carbonica e di produzione di ossigeno.
L’elenco di attività che costituiscono un pericolo per l’integrità delle praterie è molto lungo. La pesca a strascico è illegale nelle praterie di posidonia, ma viene comunemente praticata, assieme a molti altri tipi di pesca che, invariabilmente, lasciano profonde cicatrici nelle piattaforme di rizomi, contribuendo alla loro erosione. Anche l’ancoraggio delle barche da diporto ferisce le piattaforme di posidonia, per non parlare di trincee scavate per far passare condotte sottomarine. La sedimentazione causata dalle attività umane tende a soffocare la prateria: le difese costiere, le massicciate, le discariche sono assolutamente proibite in presenza di posidonia, ma il divieto viene spesso ignorato. Chi non conosce l’importanza della posidonia trova inconcepibile che una qualsiasi attività possa essere proibita per la sua presenza, e persino chi deve far rispettare le regole spesso non è molto sensibile a queste tematiche.
Si innescano così processi di degrado causati da profonda ignoranza. Se gli ammassi di foglie sulla spiaggia sono rimossi, la spiaggia arretra. Ogni metro di spiaggia rappresenta un reddito per i balneari, e così la spiaggia viene ricostituita attraverso opportuni ripascimenti: si deposita sabbia sulla linea di costa, per sostituire quella portata via dal mare. Le foglie che si accumulano vengono opportunamente rimosse, così l’erosione continua. Il mare, invece di portar via le foglie, porta via la sabbia e la deposita sulla prateria, soffocandola. Così, oltre alla protezione delle foglie morte, viene meno anche l’azione di smorzamento delle onde dovuta alla presenza della prateria viva. L’erosione aumenta e i ripascimenti non bastano più. Si ricorre alle difese rigide e si costruiscono massicciate per proteggere il litorale, magari uccidendo gli ultimi resti della prateria. In questo modo si sostituisce una costa rocciosa (la massicciata) alla costa sabbiosa, e spesso si forma una lagunetta putrida tra la massicciata e la spiaggia, oramai priva di qualunque attrattiva. Il processo può richiedere molti anni e avviene in modo graduale, così si stenta a comprendere quali siano le cause di questa catastrofe. La spiaggia che si voleva proteggere e “pulire”, magari per avere un reddito con la gestione degli stabilimenti balneari, viene distrutta. Finita la posidonia, il mare è anche meno pescoso e la varietà dei pesci diminuisce.
Come spesso avviene quando si distrugge il capitale naturale (in questo caso la posidonia) per incrementare il capitale economico (la gestione della spiaggia a fini turistici), nel lungo termine si hanno svantaggi economici (in termini di perdita di metri di spiaggia) ben superiori rispetto agli iniziali vantaggi. Distruggere la natura non conviene neppure economicamente.
Queste le cattive notizie, ma ve ne sono anche di buone. Il Mediterraneo, cinque milioni di anni fa, si prosciugò quasi completamente e restarono solo lagune molto salate nelle aree più profonde. Questo periodo di regressione viene chiamato Crisi del Messiniano. Alcune specie che abitavano quel mare quasi prosciugato (la Tetide) sopravvissero e ripresero il loro spazio quando, aperto lo stretto di Gibilterra, l’acqua dell’Atlantico entrò a costituire il Mediterraneo odierno. La posidonia è un “relitto tetideo”: una specie che è sopravvissuta alla crisi del Messiniano. Dagli stagni sul fondo dell’antica Tetide, la posidonia è risalita verso la superficie man mano che si innalzava il livello del nuovo mare: il Mediterraneo.
Le nuove condizioni, però, probabilmente non erano così favorevoli ad una specie che vive in condizioni di elevata temperatura e salinità. Nella parte settentrionale del Mediterraneo, a memoria d’uomo, la posidonia si è riprodotta solo asessualmente, con nuovi rizomi originati dai vecchi rizomi, senza produrre fiori e frutti e senza produrre, quindi, nuove piante attraverso la riproduzione sessuale. Le fioriture di posidonia si osservavano soltanto sulle coste africane del Mediterraneo.
A partire dagli anni 80 del secolo scorso, però, le fioriture di posidonia sono diventate via via più frequenti, assieme all’attecchimento dei semi e la nascita di nuove piante per riproduzione sessuale. Siamo tutti preoccupati per il riscaldamento globale, ma pare che l’innalzamento della temperatura del Mediterraneo stia favorendo la pianta più importante del bacino che, quindi, potrebbe anche affrontare con maggiore resistenza le traversie dovute alle nostre pratiche dissennate. La riproduzione sessuale, inoltre, tende a far aumentare la variabilità genetica e permette una diversificazione su cui agisce la selezione naturale: le varianti più idonee tendono a prevalere su quelle più deboli e la specie si “rinforza”.
È ancora presto per poter dire che la posidonia è in ottime condizioni, visto che nel Mediterraneo orientale, e precisamente in Libano, è recentemente scomparsa a causa dello sconsiderato sviluppo costiero e dell’inquinamento. Sono inoltre pochissimi gli studi sull’impatto sulle piante marine degli erbicidi usati in agricoltura: i pesticidi dilavano in mare attraverso le falde e i fiumi e, come sono programmati per uccidere le piante nocive all’agricoltura, così potrebbero avere effetti negativi sulle piante marine. Questo campo di indagine è ancora quasi inesplorato.
Le associazioni ambientaliste hanno maturato, negli ultimi decenni, una sensibilità ai temi ambientali che va ben oltre le specie carismatiche che tutti ben conosciamo. Se è facile puntare sull’emotività del grande pubblico chiedendo la protezione di animali come i delfini o le tartarughe, è senz’altro più difficile convincere chi è digiuno di questioni ambientali che non bisogna “pulire” le spiagge dalle foglie morte di posidonia e che quegli ammassi sono una benedizione per l’ecologia costiera. L’alfabetizzazione ecologica è ancora un pio desiderio che renderà finalmente effettiva la conversione ecologica predicata da Papa Francesco in Laudato Si’. Per convertirsi a una scienza, l’ecologia, è necessario conoscerla. Nei percorsi di formazione, dalle elementari alle medie superiori, l’ecologia trova pochissimo spazio e viene spesso sacrificata per approfondire altre discipline. Si tratta di un errore madornale: non si può proteggere e rispettare ciò che non si conosce, e non si può concepire la natura solo come manifestazione estetica (il paesaggio e gli animali carismatici) senza comprendere il ruolo essenziale delle specie apparentemente poco importanti, come la posidonia. Ancora trattata alla stregua di spazzatura che lorda le spiagge e che deve essere prontamente rimossa.