Membro di
Socia della

Aggiornate le liste rosse dell’UICN

La situazione, rispetto alle precedenti valutazioni del 2013, è generalmente peggiorata, anche se non mancano esempi di specie che hanno migliorato la loro presenza sul territorio nazionale

Piero Belletti

Alla fine del 2022 il Comitato Italiano dell’UICN (Unione Internazionale per la Protezione della Natura) ha pubblicato Le “Liste rosse” dei vertebrati. Si tratta di un approfondito esame sulla consistenza della fauna selvatica presente nel nostro Paese, con particolare riferimento ai rischi di estinzione cui le varie specie sono sottoposte.

L’UICN monitora la consistenza e la dinamica delle popolazioni di 700 specie, anche se non tutte sono state valutate in questa “tornata”: 274 di uccelli (limitatamente a quelli che nidificano in Italia), 138 di mammiferi, 59 di rettili, 45 di anfibi, 184 di pesci in senso lato, tra cui 4 di agnati (lamprede e simili), 104 di osteitti (pesci a scheletro osseo) e 76 di condritti (pesci cartilaginei). Si tratta di numeri molto alti, conseguenza del fatto che il nostro Paese, per motivi geografici e orografici, presenta una grande varietà di contesti ambientali. Circa il 10% delle specie presenti in Italia è endemica: non si trova quindi in altre aree. Nonostante circa il 21% del territorio nazionale risulti in qualche modo tutelato (parchi e riserve nazionali o regionali, aree marine protette, siti riconducibili alla Rete Natura 2000), le minacce alla biodiversità nel nostro Paese sono numerose e particolarmente gravi: tra le più importanti l’elevata densità di popolazione, il consumo di suolo e l’alterazione degli ambienti naturali.

La valutazione del rischio di estinzione segue criteri ufficiali adottati a livello internazionale dall’UICN, che si basano in particolare sull’andamento numerico delle popolazioni e sull’areale geografico di distribuzione della specie. Vengono identificate 11 categorie, come dal seguente elenco:

- Specie estinta (EX): anche l’ultimo esemplare vivente in natura è stato eliminato.
- Specie estinte allo stato selvatico (EW): la specie è scomparsa in natura ma esistono alcuni esemplari allo stato di cattività.
- Specie estinta nella Regione (RE): la specie non c’è più nell’ambito territoriale di studio, ma è presente in altre zone (ad esempio in altre nazioni).
- Specie in pericolo critico (CR): specie che corre rischi estremamente elevati di estinzione nel breve-medio periodo.
- Specie minacciata (EN): specie a rischio di estinzione molto elevato.
- Specie vulnerabile (VU): specie ad alto rischio di estinzione.
- Specie a moderato tasso di rischio (NT): la minaccia di estinzione non è imminente, ma possibile nel prossimo futuro.
- Specie a ridotto rischio (LC): la specie al momento non corre rischi significativi di estinzione.
- Specie di cui non si hanno dati sufficienti per stabilire con sufficiente accuratezza la categoria di rischio (DD).
- Specie per le quali non è applicabile la definizione di una categoria (NA), ad esempio perché si tratta di specie alloctone o la cui presenza è del tutto marginale nell’area in esame. In questa categoria rientrano 132 specie delle 700 che l’UICN prende in considerazione.
- Specie non sottoposte a valutazione (NE).

I risultati delle valutazioni sono riassunti nel grafico riportato sotto. Circa metà delle specie esaminate non desta, al momento, particolari preoccupazioni. Tuttavia, ben il 31% delle specie si trova in condizioni di più o meno accentuato rischio.

Rispetto ai dati precedenti (risalenti al 2013) si registra un sostanziale peggioramento. Infatti, a fronte di 31 specie che hanno migliorato il proprio status, se ne registrano 68 che invece si trovano in una condizione più problematica rispetto a 9 anni prima. A queste ultime vanno aggiunte altre 10 specie che, non monitorate nel 2013, hanno presentato condizioni di rischio elevato (categorie da CR a NT).
Vediamo ora, in dettaglio, la situazione nell’ambito delle varie classi animali, ricordando che non tutte le 700 specie considerate dall’UICN sono state valutate nel corso del 2022.

Agnati. Vi appartengono quattro specie di lamprede, due delle quali classificate come VU e due CR, situazione analoga a quella del rilevamento del 2013.

Condritti. Si tratta nella totalità di specie marine (tra cui in particolare squali, razze e chimere), per molte delle quali (30 su un totale di 66 valutate) non è stato possibile reperire dati sufficienti per elaborare una categoria di rischio sufficientemente affidabile. Rispetto ai dati del 2013 si nota comunque un peggioramento: mentre nessuna specie ha migliorato il suo status, ben 5 lo hanno visto peggiorare, anche se in quattro di questi casi, in realtà, nel 2013 non era stato possibile definire una categoria di rischio (DD). Delle 36 specie monitorate con successo, ben 21 vengono classificate a rischio di estinzione, la maggior parte delle quali (15) nelle due categorie più problematiche: CR e EN. Tra queste, le specie più note sono lo squalo volpe, il pesce chitarra, la razza bianca (tutte CR), lo squalo mako e numerose specie di palombo (EN). Le preoccupazioni per questa classe sono numerose: si tratta infatti di specie molto sensibili alle attività antropiche e caratterizzate da bassa fecondità, crescita lenta, maturità sessuale tardiva. Essendo inoltre spesso all’apice delle catene alimentari, la loro presenza anche in condizioni ottimali è comunque relativamente ridotta. La principale causa di rarefazione dei condritti è sicuramente la pesca, soprattutto nel caso di utilizzo di reti a strascico e palangari (lunghissime lenze che portano, ad intervalli regolari, un numero molto elevato di ami), destinate al prelievo di altre specie ma che inevitabilmente catturano anche molte specie non bersaglio. Naturalmente, anche l’alterazione dell’ambiente in cui queste specie vivono gioca un ruolo importante nella loro rarefazione. Da segnalare l’estrema esiguità di misure dirette di protezione, stante il cronico ritardo con cui il nostro Paese recepisce accordi internazionali e direttive comunitarie per la tutela dell’ambiente e della fauna in particolare.

Osteitti. In questo caso i dati si riferiscono solamente alle specie che vivono in acque interne. Anche per i pesci a scheletro osseo c’è da registrare un netto peggioramento: delle 52 specie valutate, ben 18 hanno visto aggravarsi la propria situazione. 36 specie ricadono nelle categorie a rischio, oltre a due (lo storione e lo storione ladano) che risultano addirittura RE, cioè estinte nel nostro Paese. Tra le più conosciute specie classificate CR citiamo lo storione cobice, l’anguilla, la scardola tirrenica, la trota siciliana, quella marmorata e quella mediterranea; specie EN sono invece l’alborella meridionale, il barbo canino, la lasca, il pigo, la tinca, il luccio cisalpino. Da notare anche come siano state individuate ben 52 specie alloctone (quindi NA), nella quasi totalità introdotte a fini ludici e sportivi: si tratta del dato più allarmante di tutti i vertebrati, con conseguenze spesso gravissime sulla sopravvivenza delle specie originarie dei nostri ambienti. Le cause della preoccupante situazione che riguarda gli osteitti sono legate, oltre che a diffusi fenomeni di inquinamento e peggioramento della qualità delle acque, alla presenza di dighe e sbarramenti che impediscono ad alcune specie (storioni) di raggiungere i siti riproduttivi, alle modifiche apportate agli alvei fluviali, ai prelievi spesso eccessivi di acqua per finalità energetiche o irrigue, all’eccessiva pressione delle attività di pesca e alla già citata sistematica immissione di specie alloctone. Particolarmente colpiti da quest’ultima causa sono i salmonidi di acque correnti (trote), di cui inoltre molte specie rappresentano endemismi del nostro Paese. Le prospettive appaiono poco rassicuranti, dal momento che è molto probabile che i cambiamenti climatici in atto avranno impatti pesantissimi, legati sia alla diminuzione delle acque di fusione dei ghiacciai che alla irregolarità delle precipitazioni.

Anfibi. Delle 45 specie valutate, di cui ben 14 endemiche, 4 hanno peggiorato la loro situazione, mentre una sola lo ha migliorato, passando da VU a LC (rospo smeraldino nordafricano). 23 specie risultano a rischio di estinzione, con situazioni particolarmente gravi per quanto riguarda il geotritone del Sarrabus (CR). 8 specie ricadono nella categoria EN (tra cui altri geotritoni, alcuni tritoni e salamandre, il pelobate fosco) e altrettante in quella VU (tra cui il proteo, la salamandra di Lanza, il rospo comune e quello spinoso, la rana di Lataste). La causa principale del declino degli anfibi è da ricercare nella scomparsa o nell’alterazione delle zone umide, indispensabili per i processi riproduttivi, nonché la consueta immissione di specie alloctone e la diffusione di malattie, tra cui in particolare la chitridiomicosi.

Rettili. La situazione più problematica riguarda la lucertola delle Eolie, classificata come CR, che però sopravvive solo più in quattro località isolate tra loro. Altre 6 rettili sono catalogati come EN (tra cui la tartaruga caretta, alcune testuggini, la lucertola ocellata, la vipera di Orsini); altre 13 risultano minacciate (VU oppure NT, tra esse alcuni colubri e lucertole), per un totale di 20 specie a rischio su 51: 4 di esse rispetto alla precedente valutazione hanno scalato una categoria verso quelle più a rischio, mentre nessuna ha fatto il percorso inverso. Le minacce più gravi alla sopravvivenza dei rettili sono da ricercarsi nell’alterazione e frammentazione degli habitat.

Uccelli. Sono state valutate 255 specie. Anche in questo caso il “saldo” tra miglioramenti e peggioramenti rispetto ai dati del 2013 è negativo: 25 specie sono infatti oggi in una condizione di maggior tranquillità, però a fronte di 39 che hanno visto aggravarsi il loro status. Tra le prime meritano una citazione l’aquila di Bonelli (sebbene ancora EN) e il grifone, oggi addirittura considerata specie NT. Da rimarcare come 5 specie sono ormai estinte (RE): gobbo rugginoso, starna italica, avvoltoio monaco, gru, quaglia tridattila), mentre altre 10 si trovano in condizioni estremamente critiche (CR, cormorano atlantico, gipeto, capovaccaio, falco pescatore, voltolino, schiribilla, mignattino comune, forapaglie comune, bigia padovana, migliarino di palude). Numerose anche le specie EN (23, tra cui alzavola, moretta tabaccata, fagiano di monte, tarabuso, aquila di Bonelli, lanario, gallina prataiola, pernice di mare, fratino, pittima reale, torcicollo, capinera, alcune averle, organetto) e VU (37, tra cui canapiglia, marzaiola, mestolone, fistione turco, moriglione, moretta, pernice bianca, gallo cedrone, coturnice, tarabusino, nibbio reale, falco di palude, albanella minore, falco cuculo, falco della regina, re di quaglie, beccaccia di mare, alcuni picchi, calandra, allodola, topino, stiaccino, cesena, pendolino, averla piccola, alcuni passeri, verdone, cinciarella algerina, zigolo giallo). 30, infine, le specie a moderato rischio di estinzione (NT). Le cause avverse alla sopravvivenza degli uccelli vanno ricercate in primo luogo nell’alterazione degli habitat di elezione, dovuti soprattutto all’attività antropica, ma anche ai cambiamenti climatici. Da notare che, incredibilmente, ben 18 specie considerate in cattivo stato di conservazione sono ancora oggi cacciabili nel nostro Paese. Una situazione assurda, la quale, purtroppo non solo non tende a migliorare, ma in taluni casi vede addirittura accrescere la pressione venatoria.

Mammiferi. Problemi anche per i mammiferi: rispetto alla valutazione precedente 5 specie migliorano il proprio status (nottola gigante [un chirottero], lupo, gatto selvatico, lontra e tursiope), a fronte però delle 4 che lo peggiorano (orecchione sardo, rinofolo di Meheley [entrambi chirotteri], topolino delle risaie, balenottera comune). Delle 112 specie analizzate una risulta ormai estinta RE, il rinofolo di Blasius, altro chirottero), tre gravemente minacciate (CR, l’orecchione sardo, tanto per cambiare altro chirottero…, orso bruno, sia nella sottospecie alpina che in quella appenninica), 11 seriamente minacciate (EN, driomio bruzio [un roditore],ferro di cavallo minore, rinofolo di Meheley, rinofolo euriale, vespertilio di Bechstein, vespertilio di Capaccini, nottola gigante, orecchione alpino [tutti chirotteri], balenottera comune, delfino comune, capodoglio) e 12 comunque a rischio (VU, tra cui ancora 9 specie di chirotteri, cui si aggiungono lontra, camoscio appenninico e capriolo italico, specie diversa da quello comune). A fronte di queste considerazioni c’è da registrare come alcune specie si trovino in una fase di espansione: soprattutto ungulati (cervo, capriolo, daino, cinghiale), favoriti dalla loro discreta adattabilità e dall’abbandono di molte aree rurali, che ha a sua volta determinato un aumento della copertura boschiva. Anche il lupo sta decisamente meglio di 9 anni orsono, tant’è che è passato dalla categoria VU a quella NT; il problema più preoccupante per il futuro del carnivoro sembra oggi essere l’ibridazione con il cane, che potrebbe trasferire alcune caratteristiche genetiche dell’animale domestico nel suo progenitore selvatico. Anche la lontra migliora, seppure in forma molto più ridotta, il suo status, passando da EN a VU. Per l’orso è necessario fare valutazioni a due facce: se in ambito alpino continua, sia pure con estrema lentezza, a diffondersi, rimane stabile o addirittura tende a ridursi in ambito appenninico. Come visto, rimane drammatica la situazione dei chirotteri, animali altamente specializzati e quindi più soggette ad alterazioni anche minime del loro habitat naturale. Situazione preoccupante anche per i mammiferi marini. A prescindere dalla fioca monaca, la cui carenza di dati rende impossibile fare valutazione accurate, solo stenella e tursiope risultano non minacciati.

In conclusione possiamo affermare che le Liste Rosse 2022 ci presentano una situazione variegata: alcune specie hanno migliorato la loro condizione, a fronte però di altre, più numerose, che invece hanno fatto un ulteriore passo verso l’estinzione. Le prospettive appaiono però inquietanti. A prescindere dal fatto che le alterazioni ambientali e soprattutto la distruzione di habitat pregiati procedono a ritmo inesorabile, dobbiamo anche fare i conti con i cambiamenti climatici, la cui rapidità impedirà, di fatto, una risposta adattativa a molte specie e contribuirà a rendere problematica la loro sopravvivenza.

Torna indietro