Membro di
Socia della

L’ambiente e gli animali entrano nella costituzione. Ma c’è proprio da festeggiare?

Piero Belletti

Lo scorso 8 febbraio la Camera dei Deputati ha approvato, praticamente all’unanimità e in forma definitiva, la Legge costituzionale che include la tutela dell’ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi e degli animali fra i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica italiana. Sembrerebbe una buona notizia, visto lo storico disinteresse mostrato dal legislatore italiano nei confronti di queste tematiche. Ma è proprio così?

Una maggioranza schiacciante, tale da rendere inutile il ricorso al referendum popolare confermativo: così il Parlamento ha modificato la Costituzione della nostra Repubblica, inserendo tra i Principi Fondamentali alcuni dei temi che hanno sempre contraddistinto le nostre battaglie. Tra parentesi, stupisce non poco il silenzio che ha accompagnato l’intero iter procedurale: al di fuori dei luoghi di potere se ne è parlato pochissimo e la maggioranza della popolazione è venuta a conoscenza della questione a cose fatte. Forse (eufemismo…) si poteva ampliare preliminarmente il dibattito, coinvolgendo in misura molto maggiore i settori della società civile interessati. Il fatto che tutto sia avvenuto sotto traccia e quasi alla chetichella non giova certo alla trasparenza e alla irreprensibilità degli scopi dei proponenti. Ipotesi, questa, rafforzata dalla votazione, come detto quasi unanime. Quindi, anche gli esponenti delle forze partitiche storicamente contrarie ad ogni ipotesi di tutela dell’ambiente (ed altrettanto storicamente vicine a cementificatori, inquinatori, cacciatori, ecc.) si trovano d’accordo su queste modifiche costituzionali. Mah….
In ogni caso, a seguito delle modifiche approvate, la nuova Costituzione risulta essere la seguente (in grassetto le parti che sono state aggiunte):
Articolo 9 - La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.
Articolo 41 - L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.

I commenti sono stati molteplici e diversificati. Ovviamente, in ambito parlamentare, l’entusiasmo è stato generalizzato e gli aggettivi altisonanti si sono sprecati: “un passaggio storico” (il Presidente della Camera Roberto Fico), una giornata epocale (il Ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani). Anche molte Associazioni ambientaliste hanno espresso la loro piena soddisfazione.

Altre voci, invece, sono più critiche ed evidenziano almeno due considerazioni. La prima riguarda l’effettivo significato della modifica costituzionale. Fabio Balocco, avvocato e ambientalista della prima ora, scrive su “Italia Libera”1 che “nel concreto, non vi era nessun bisogno di mettere nero su bianco che la Repubblica tutela l’ambiente. L’art. 117 della Costituzione afferma già che lo Stato ha giurisdizione esclusiva su “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.” In pratica la tutela dell’ambiente, con la modifica, viene richiamata anche nei “Principi fondamentali” che sono gli articoli dall’1 al 12. Con l’aggiunta della tutela degli animali. La difesa dell’ambiente rientrava già appieno fra i compiti della nostra Repubblica. Ma non solo la tutela dell’ambiente c’è già nella nostra Costituzione, ma la Corte Costituzionale si è più volte espressa sull’importanza dell’ambiente come bene fondamentale della Repubblica, da privilegiare rispetto a quello economico. A parole. In realtà, quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, in Italia ci si comporta in modo diverso”.
Ma l’aspetto più preoccupante riguarda per l’appunto la capacità, o meglio la volontà politica, di tradurre in fatti ciò che è stato scritto nella Costituzione. E qui i precedenti sono quanto meno inquietanti. Infatti, nel nostro Paese sono numerosissime le norme del tutto inapplicate. Oppure quelle in cui nel preambolo si afferma un principio, e poi nell’articolato si prevede l’esatto contrario o quasi.
Un classico esempio è la legislazione sull’attività venatoria (Legge n. 157 del 1992): nell’art. 1 si afferma che lo Stato tutela la fauna selvatica, nei successivi 36 si normano i modi per poterla sterminare….
Ancora Fabio Balocco ci presenta un altro esempio, quanto mai pertinente: “Nel 1939, in piena epoca fascista, furono promulgate le cosiddette “leggi Bottai”, dal nome del proponente. Un articolo dello storico Antonio Paolucci, sulla Treccani, afferma che la prima, sulla “Tutela delle cose di interesse artistico e storico”, del 1 giugno 1939 n. 1089, «era e resta un capolavoro di civiltà e di sapienza giuridica». Ad essa, pochi giorni dopo, seguì l’altra fondamentale legge Bottai, la n. 1497 del 29 giugno 1939,“Protezione delle bellezze naturali”, sulla scorta della quale una buona parte del paesaggio italiano fu vincolato. Inoltre, essa prevedeva, al comma 5, come efficace strumento di tutela per il futuro, il “piano territoriale paesistico”, che doveva essere redatto dall’allora ministro per l’Educazione nazionale. Ci fu la guerra, la norma rimase inapplicata, ma tale rimase anche con il passaggio dalla dittatura alla democrazia, anche con la Costituzione, anche con il suo art. 9. Occorre arrivare al decreto legge Galasso nel 1985 (ben quarantasei anni senza fare nulla, tanto era importante l’art. 9…) perché i piani, definiti adesso “paesaggistici” tornino di moda e siano di competenza delle singole Regioni. Norma poi mutuata dal Codice dell’Ambiente. Bene, ad oggi sono solo cinque le Regioni che il piano l’hanno adottato, ma di fatto esso non serve a nulla perché non ha posto dei reali vincoli al territorio oltre a quelli già esistenti.”
D’altra parte, è anche evidente che non basta elencare un principio nella Costituzione e sperare che la sua applicazione sia automatica e completa. Basti pensare alla solidarietà economica e sociale, all’uguaglianza di fronte alla legge, al diritto al lavoro, allo sviluppo della cultura, alla tutela del patrimonio storico e artistico, ecc.: tutti postulati compresi nei Principi Fondamentali della Costituzione, ma che sappiamo benissimo essere applicati quanto meno in modo parziale.

C’è poi un altro rischio, molto ben espresso da Alessandro Mortarino, uno dei fondatori del Movimento Stop al Consumo di Territorio, sul periodico online “Altriasti”2: “c’è anche il pericolo che, con la modifica costituzionale, la tutela del paesaggio possa trovarsi in subordine rispetto a quella ambientale e desta qualche preoccupazione il fatto che l’aggiunta «anche nell’interesse delle future generazioni» sia riferita solo alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi e non a quella del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione. Il collegamento con uno sviluppo “forsennato” degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico a terra in primis) a danno del paesaggio stesso, è abbastanza automatico… Va aggiunto che la modifica costituzionale stride con i continui processi di “semplificazione” delle norme autorizzative (cioè tempi più rapidi), tanto a livello centrale quanto a livello regionale, e con il continuo e progressivo indebolimento delle Soprintendenze, cioè di coloro che dovrebbero controllare e autorizzare (che sono sempre più ridotti di numero e sempre più oberati, dunque meno in grado di tutelare). Di fondo – diciamocelo – resta la consapevolezza che nonostante il nostro “bellissimo” attuale articolo 9, in questi 75 anni il paesaggio italico abbia subito, ogni giorno, sfregi inenarrabili. Come poter pensare che la stessa sorte non subiscano anche l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi?”.

Su posizioni ancor più critiche è Carlo Iannello, giurista e docente universitario. Il quale scrive su “Italia Libera”3: “Il paesaggio ha una sua specificità perché eccezionale è il valore tutelato: la cultura espressiva dell’identità nazionale. Ambiente e urbanistica, invece, tutelano valori differenti che si aggiungono a quello paesaggistico, senza mai confondersi con esso, come la Corte costituzionale ha più volte affermato. L’ambiente tutela gli equilibri ecologici in favore delle future generazioni. L’urbanistica persegue l’ordinato assetto della vita sociale, per rendere ai cittadini i servizi essenziali. La possibile confusione tra questi concetti risiede nella circostanza che tutti insistono sul medesimo bene, il territorio. Ma questa circostanza non annulla le differenze. Il paesaggio, come osservato, è l’aspetto visibile del territorio. Ed è per questo motivo che la sua tutela prevale sulle altre. Si può e si deve tutelare l’ambiente e pianificare le città nel rispetto della parte visibile del territorio. Viceversa, lo stravolgimento della parte visibile del territorio, eventualmente richiesta da esigenze urbanistiche o ambientali, può attentare irreversibilmente al paesaggio. L’unico modo di conciliare le tre distinte tutele è dare prevalenza a quella paesaggistica, come prevede l’art. 145 del Codice del paesaggio. La pianificazione paesaggistica si impone su quella urbanistica e su quelle ambientali per la forza delle cose. La tutela dell’ambiente e le esigenze urbanistiche, anch’esse essenziali, devono essere soddisfatte nel rispetto del volto del paese, se si vogliono tutelare il paesaggio e i valori culturali che esso esprime”.

Ma forse l’aspetto più contorto della questione riguarda gli animali. Questi, infatti, secondo il Codice Civile continuano ad essere considerati “beni mobili”, negando quindi loro di fatto ogni riconoscimento come esseri senzienti dotati di un valore intrinseco, e non limitato all’uso o all’utilità che li caratterizza. Una contraddizione abbastanza palese, anche se su quale delle versioni prevarrà sussistono ben pochi dubbi. C’è quindi il timore che il nuovo dettato costituzionale di fatto si limiti a considerare i cosiddetti animali da affezione, tralasciando invece quelli selvatici e, in modo ancor più evidente, quelli che, con una terribile locuzione, vengono definiti “animali da reddito”.

In conclusione, il rischio che la montagna abbia partorito il classico topolino è molto reale: ovviamente starà ai politici fare in modo che le dichiarazioni di principio si trasformino, almeno in parte, in atti concreti. Molto dipenderà anche da noi, dall’opinione pubblica, e in particolare dalla sua capacità di trasmettere con forza e chiarezza ai propri rappresentanti politici la propria volontà. Ma su questo, consentitemi di avere molti, molti dubbi...

***
1. https://italialibera.online/politica-societa/modifica-art-9-della-costituzione-cosa-ce-di-storico-fico-o-addirittura-di-epocale-cingolani/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=gli-ultimi-articoli-di-italia-libera

2. http://www.altritasti.it/index.php/archivio/ambiente-e-territori/5108-articolo-9-della-costituzione-paesaggio-e-patrimonio-artistico-non-sono-piu-soli

3. https://italialibera.online/politica-societa/paesaggio-e-modifica-dellart-9-della-costituzione-uno-sfregio-frutto-di-un-ingenuo-errore/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=gli-ultimi-articoli-di-italia-libera

Torna indietro