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Che cos'è la decrescita felice

Maurizio Pallante

 

Il concetto di decrescita felice è stato da me formulato e teorizzato nel libro omonimo che ho pubblicato nel 2005 con gli Editori Riuniti e riassumo in questo breve testo.

Il concetto di decrescita non di rado viene confuso col concetto di recessione, mentre ha un significato totalmente diverso, che si può dedurre solo da una corretta interpretazione del concetto di crescita economica. La crescita economica non è, come generalmente si crede, l'aumento dei beni prodotti e dei servizi forniti da un sistema economico e produttivo nel corso di un anno, perché il parametro con cui si misura, il prodotto interno lordo, è un valore monetario, costituito dalla somma dei prezzi dei beni e dei servizi a uso finale e venduti nel corso di quel periodo di tempo.

Gli oggetti e i servizi che vengono venduti sono le merci. Il concetto di "merce" non coincide col concetto di "bene", che definisce gli oggetti e i servizi che rispondono a un bisogno o soddisfano un desiderio. Siccome nei paesi industrializzati da due o tre generazioni siamo abituati a comprare tutto ciò che ci serve (ciò che compriamo sono le merci, ciò che ci serve sono i beni) abbiamo finito col confondere i due concetti. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti la parola merce praticamente non esiste più. Se si cerca sul vocabolario il corrispettivo è la parola goods, che significa “beni”.

Per capire il significato della parola "decrescita" occorre ripristinare la consapevolezza che i concetti di “bene” e di “merce” sono differenti. Differenti non significa opposti. L'opposto di "bene" non è "merce", ma oggetto inutile o dannoso. L'opposto di "merce" non è bene, ma oggetto o servizio non in vendita.

Due caratteristiche opposte non possono coesistere in uno stesso soggetto o in uno stesso oggetto. Un uomo non può essere contemporaneamente alto e basso, né grasso e magro. Due, o più, caratteristiche diverse invece sì. Se sono due possono dare origine a quattro combinazioni: un uomo può essere alto e magro, basso e magro, alto e grasso, basso e grasso.

Tra le merci e i beni si possono creare quattro combinazioni: le merci che non sono beni, i beni che non sono merci, i beni che possono esistere solo sotto forma di merci e i beni che non possono esistere sotto forma di merci.

1. La decrescita felice si può realizzare in prima istanza riducendo la produzione e il consumo delle merci che non sono beni: gli sprechi. Per esempio: l'energia che si disperde dagli infissi, dal sottotetto e dalle pareti nel riscaldamento degli ambienti (dai 2/3 ai 4/5); il cibo che si butta (almeno il 3% del PIL); i materiali contenuti negli oggetti dismessi che vengono interrati o bruciati. La riduzione di uno spreco non fa diminuire il benessere. Ogni spreco causa un danno ambientale. La riduzione di uno spreco fa risparmiare dei soldi e riduce un danno ambientale. A differenza della recessione, che è la diminuzione generalizzata di tutta la produzione di merci, indipendentemente dal fatto che siano o non siano beni, la decrescita felice è una riduzione selettiva e governata. Non si limita a mettere il segno "meno" davanti al PIL, perché in questo modo non si esce dal criterio quantitativo di chi pretende di far precedere il PIL sempre dal segno "più". È il meno quando è meglio. La recessione causa disoccupazione, la decrescita selettiva degli sprechi crea un'occupazione utile, che paga i suoi costi d'investimento con i risparmi sui costi di gestione che consente di ottenere (esempio: la riduzione dei costi energetici negli edifici ristrutturati).

2. La decrescita felice si può realizzare, in seconda istanza, con l'aumento della produzione e dell'uso di beni che non vengono comprati, ma autoprodotti o scambiati sotto forma di dono reciproco del tempo nell'ambito di rapporti comunitari. Nel giro di due o tre generazioni nei paesi occidentali è stato sradicato dal patrimonio delle conoscenze collettive il saper fare, che consentiva di autoprodurre molti beni in casa (l'economia vernacolare di cui parla Ivan Illich) e tutti i rapporti interpersonali sono stati trasformati in rapporti commerciali (perdita del valore della solidarietà). Come mai? Coloro che non sanno fare niente e non possono contare su una rete di rapporti di collaborazione devono comprare tutto ciò di cui hanno bisogno, per cui fanno crescere il PIL più di coloro che non devono comprare tutto. Conseguenze: totale subordinazione al mercato, perdita delle capacità che distinguono la specie umana da tutte le altre specie viventi, identificazione della ricchezza col denaro.

3. Ci sono beni che si possono avere solo sotto forma di merci: i beni che richiedono tecnologie evolute o competenze professionali specialistiche. Esempi: computer, risonanza magnetica, elettrodomestici. La decrescita non sarebbe felice se si realizzasse con una diminuzione dei beni che si possono avere solo sotto forma di merci. Tuttavia, anche in questo ambito si può realizzare una decrescita felice: producendo oggetti fatti per durare, producendo oggetti riparabili, disegnando gli oggetti in modo che al termine della loro vita utile possano essere smontati facilmente consentendo di suddividere i materiali di cui sono composti per tipologie omogenee in modo da poterli riutilizzare o riciclare per fare altri oggetti.

4. Ci sono beni che non si possono avere sotto forma di merci: i beni relazionali: la fiducia, la stima, l'amore non si possono comprare. Le società che hanno finalizzato l'economia alla crescita della produzione di merci, danno più valore al tempo che si dedica al lavoro per produrre merci in cambio di un reddito monetario che consente di acquistare merci, rispetto al tempo che si dedica alle relazioni umane, alla propria creatività, alla spiritualità. La decrescita felice si realizza riducendo il tempo che si dedica al lavoro e aumentando il tempo che si dedica alle relazioni.

I punti 1 e 3 consentono di impostare le uniche proposte di politica economica e industriale che possono farci uscire dalla crisi economica e creare un'occupazione utile in attività che riducono la crisi ecologica. I punti 2 e 4 comportano un cambiamento dei modelli di comportamento e del sistema dei valori, che sono in grado di dare un senso alla vita. L'economia è stata finalizzata alla crescita della produzione di merci dal modo di produzione industriale. La decrescita felice è una rivoluzione culturale che si sta sviluppando perché si sta chiudendo l'epoca storica iniziata con la rivoluzione industriale nella seconda metà del diciottesimo secolo. Quando un’epoca storica si chiude, entra in crisi il sistema dei valori su cui ha conformato il modo di pensare degli esseri umani, per cui comincia a diffondersi la consapevolezza dei suoi limiti e ad affermarsi l'esigenza di costruire un nuovo paradigma culturale. La decrescita felice è una rivoluzione culturale con queste caratteristiche, nella sua fase aurorale. Affinché arrivi la luce del giorno occorre il contributo di idee, di passione, di competenze professionali di un numero di persone molto più ampio di coloro che sono rimasti svegli per vedere l'aurora.

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