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Come Greta ha portato noi giovani a batterci per la giustizia climatica

La nascita del più giovane movimento per l’emergenza climatica e i punti di con-tatto e azione con la più antica associazione per la difesa dell’ambiente in Italia.

Gaia Bottazzi e Pietro Furbatto

Era il 20 agosto del 2018 quando Greta Thunberg, una ragazzina svedese di 15 anni, si è seduta per la prima volta davanti al Parlamento svedese a Stoccolma esibendo il cartello “Skolstrejk för klimatet”, ovvero “sciopero scolastico per il clima”. Da lì il suo attivismo è stato capace di smuovere coscienze in stallo da decenni o che mai prima di quel momento si erano poste il problema del cosiddetto riscaldamento globale, termine al quale gli attivisti preferiscono emergenza climatica o crisi climatica per passare dalla constatazione della situazione all’azione imposta dall’emergenza nella quale viviamo. Si tratta di parole forti che rendono giustizia a un fenomeno globale drammatico e urgente, troppo spesso negato.
Peccato che le conseguenze del fenomeno che i leader mondiali negano e deridono siano già percettibili in modalità che non lasciano spazio a fraintendimenti e a parole morbide e diplomatiche. Per fare due esempi, in Mozambico poco più di due mesi fa è stata quasi rasa al suolo dal ciclone Idai la seconda città più popolosa del paese, Beira, provocando una devastante crisi umanitaria mentre la scorsa estate si è registrato un picco spaventoso nel tasso di incendi in Europa e Stati Uniti. Gli effetti e la concentrazione dei cataclismi degli ultimi anni, che nel 2018 hanno colpito 61,7 milioni di persone anche in Italia, introducono la necessità di interrogarsi e riflettere su una nuova questione, quella della giustizia climatica.
Chi è che paga davvero i danni dell’emergenza climatica? Se è vero che i paesi industrializzati occidentali e non sono i principali responsabili del surriscaldamento globale e della crisi degli ecosistemi,  è ugualmente vero he i paesi che ne pagano le conseguenze sono per la maggior parte i paesi poveri e in via di sviluppo. Questi sono più vulnerabili in quanto non hanno le risorse sufficienti per mitigare e adattarsi sia ai cambiamenti di lungo corso che agli effetti più violenti dell’emergenza climatica: i cataclismi. Allo stesso modo, all’interno di un paese sono le classi sociali più svantaggiate a subire gli effetti dell’inquinamento sulla salute e la qualità della vita.
Sulle orme di Greta, il movimento FFF si sviluppa a partire da una collettiva e graduale presa di coscienza dell’attuale situazione di ingiustizia climatica, unita ad un senso di sdegno verso un sistema di produzione fondato su sfruttamento, maltrattamento, produzione intensiva e sprechi. Rispetto all’associazionismo tradizionale, visto dai giovani come distante dal loro modo di comunicare e agire, l’elemento innovativo del movimento, in cui risiede la chiave del suo successo globale, è costituito dalla sua intrinseca spontaneità: le proteste di Greta hanno innescato una reazione a catena capace di coinvolgere persone provenienti da tutto il mondo unite contro un nemico comune, rappresentato da tutti coloro che negli anni hanno assecondato e incentivato politiche distruttive per l’ambiente, gli ecosistemi e l’uomo. La finalità di FFF è una sola: salvare l’uomo e le specie animali e vegetali. Questo è il punto di contatto tra l’associazionismo tradizionale e il movimento che possono coesistere e darsi forza nelle proprie specificità. Le modalità con cui i giovani si prefiggono il raggiungimento di tale obiettivo sono varie, proprio come vari e disparati sono gli attivisti che si riconoscono nel movimento e operano a suo nome: dalla promozione di abitudini alimentari sostenibili, al bando della plastica, alla nuova tendenza no fly (non prendere aerei per non inquinare), alle semplici ma costanti manifestazioni del venerdì in piazza, davanti alla sede del comune o del Parlamento. Questo essere costantemente presenti tra i giovani riempie un vuoto lasciato dalle associazioni tradizionali (per motivi anagrafici) che possono dar molto in termini di esperienza e conoscenza alla battaglia per la conservazione della natura e la mitigazione del cambiamento climatico in corso. In molte realtà l’FFF, è costituito infatti da un comitato interassociativo a organizzazione orizzontale di associazioni tradizionali che intervengono senza logo e da giovani indipendenti. In molti altri casi l’FFF è costituito solo da giovani indipendenti ed auto-organizzati. La maturazione del FFF sarà nella riuscita della protesta e nella realizzazione delle proposte. Tutte le modalità di protesta riflettono il desiderio di invertire un trend che ci porterà alla distruzione del mondo e, come immediata conseguenza, della nostra specie.
È in quest’ottica e in questo contesto che abbiamo deciso, pochi mesi fa, di lanciare un’iniziativa volta alla riduzione degli imballaggi di plastica nei supermercati: si tratta di una petizione sulla piattaforma change.org che 58800 persone hanno accolto e sostenuto.
a Federazione Nazionale Pro Natura, da noi contattata, ha sostenuto da subito la nostra proposta nella quale chiediamo ai supermercati di introdurre una sezione dedicata allo sfuso, in modo da facilitare i consumatori più responsabili ed invitarne altri a fare lo stesso.
Questa nostra azione nasce da una constatazione: il riciclo della plastica, non è efficace: per ogni chilo di plastica riciclata se ne producono otto, con danni immensi per il pianeta sia nel momento della produzione (per 1 kg di plastica PEC servono 2 kg di petrolio e 17 lt di acqua) che in quello dello smaltimento. I nostri oceani stanno soffocando: mentre nel Pacifico si è creata un'isola di rifiuti grande quanto gli Stati Uniti, 700 kg di plastica finiscono in mare ogni secondo. Isole di plastica e fondali inquinati sono stati recentemente documentati anche nel Mar Tirreno. L’emergenza climatica di cui l’inquinamento è una delle cause principali, è in atto anche da noi. Ancora prima del riciclo quindi, la vera priorità è la riduzione della produzione di materiale plastico. Il principale responsabile della produzione di rifiuti da imballaggio (2/3 del totale) è il settore agroalimentare ed insieme, come consumatori, possiamo fare in modo che la situazione cambi. La petizione propone quindi al legislatore e ai supermercati di cambiare radicalmente il modo in cui facciamo la spesa e introdurre lo sfuso nella nostra vita quotidiana. Esistono già esempi virtuosi ma l’azione richiesta prevede un passaggio di scala imposto dall’alto così come si fece per le sigarette, in cui i prodotti plastic free dominino i prodotti in vendita utilizzando materiali da imballaggio alternativi.
Questa petizione, così come le migliaia di iniziative che compongono l’attività di Fridays for Future nel mondo, è un modo per far sentire la nostra voce e pretendere un mondo più giusto, libero da sfruttamenti e sprechi. Non ci resta che sperare che FfF, con il supporto attivo anche della Federazione Nazionale Pro Natura, continui nel percorso che ha intrapreso e si mostri capace di coinvolgere sempre più persone nella lotta per la vita.

Qui il link della petizione:
https://www.change.org/p/introduciamo-il-reparto-sfuso-nei-supermercati

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