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Un confronto economico tra auto elettrica e a scoppio

Riccardo Graziano

La transizione dai veicoli con motore a scoppio a quelli con trazione elettrica è iniziata già da qualche anno ed è in costante crescita, tale da far prevedere che rappresenti il futuro della motorizzazione. Ma ci sono ancora molte resistenze che rallentano questa riconversione urgente e necessaria. Da un lato, le Case automobilistiche tentano di dilazionare i tempi per ammortizzare i costi di dismissione delle linee produttive dei veicoli attuali, cosa che avrebbero già dovuto mettere in previsione da decenni, invece di insistere con il comodo e remunerativo business as usual, anziché investire sulla nuova tecnologia elettrica. Ma dall’altro lato, anche molti consumatori continuano ad avere dubbi sul nuovo paradigma della mobilità, a volte per posizioni ideologiche basate su preconcetti, in altri casi semplicemente per questioni economiche, dal momento che le vetture BEV (Battery Electric Vehicle, come vengono definite tecnicamente le elettriche) hanno ancora prezzi di acquisto sensibilmente più elevati rispetto alle pari categoria con motori a scoppio.

Tuttavia, è noto che i costi di manutenzione di un’elettrica sono inferiori rispetto a quelli delle auto termiche, grazie a una maggiore semplicità costruttiva e di funzionamento, con un numero inferiore di componenti e di parti in movimento, iniziando per esempio dal cambio, non necessario perché il motore elettrico è sempre accoppiato direttamente alle ruote. Inoltre, i propulsori elettrici sono fino a tre volte più efficienti di quelli a combustibili fossili, quindi a parità di percorrenza necessitano di una quantità equivalente di energia di molto inferiore. Ecco dunque che il TCO - Total Cost of Ownership, costo totale di possesso - di un’elettrica può alla lunga rivelarsi inferiore rispetto a quello di una rivale con motore termico.

Ma in che modo si può capire quando e a chi conviene una BEV rispetto a una termica? Una risposta arriva da uno studio condotto da Rse (Ricerca sul sistema energetico, una società controllata dal Gse – Gestore Servizi Energetici) che ha preso in esame percorrenza, manutenzione e comodità per la ricarica come variabili principali da considerare, oltre naturalmente al prezzo di acquisto e ai costi relativi al possesso. Il dossier prende in esame varie casistiche ed è ricco di dati, articolato e approfondito, ma risente naturalmente delle vertiginose fluttuazioni delle quotazioni di combustibili ed energia dovute a molteplici fattori contingenti, oltre che a una considerevole dose di speculazione. Tuttavia, è una buona base per iniziare a farsi qualche conto.

Senza entrare troppo nel dettaglio e nei tecnicismi (per chi volesse approfondire, segnaliamo il sito ufficiale www.rse-web.it) possiamo dire che gli autori della ricerca hanno esaminato i segmenti di autovetture più comuni - citycar, utilitaria e berlina – giungendo alla conclusione che, al momento, la convenienza sta ancora dalla parte del fossile, anche se la differenza si assottiglia rispetto anche solo a qualche anno fa. La scelta risulta in pareggio nel momento in cui è possibile usufruire di bonus per l’acquisto di veicoli elettrici dell’ordine di 4-6.000 euro, già previsti e a volte superati da alcune manovre finanziarie in tal senso. La transizione diventa dunque prevalentemente una questione politica, nel momento in cui gli opposti schieramenti decidessero di confermare o meno la disponibilità di fondi per finanziare tali bonus, che nel recente passato sono andati esauriti in tempi rapidissimi, segno che molti consumatori sono già orientati verso quella scelta e attendono solo di poterla abbinare con la convenienza economica.

Ma nel caso la politica dovesse latitare o addirittura ingranare la retromarcia verso l’economia fossile – eventualità funesta, ma da tenere presente, viste le dichiarazioni di alcuni esponenti in lizza per arrivare al potere – anche i cittadini potrebbero valutare di fare la loro parte in ogni caso. La scelta di passare a un veicolo privato a zero emissioni va infatti oltre al mero aspetto economico. La discriminante principale, in questo caso, diventa la possibilità di poter alimentare la batteria presso il proprio domicilio o luogo di lavoro grazie all’energia rinnovabile, in modo esclusivo o perlomeno maggioritario. Per capirci, chi ha la possibilità di installare un impianto fotovoltaico sul tetto della sua casetta o del capannone dell’azienda, potrebbe immettere eventuali surplus di produzione direttamente nel “serbatoio” elettrico, viaggiando sostanzialmente gratis ed evitando emissioni nocive all’ambiente. In alternativa, si può scegliere di sottoscrivere un contratto con qualche operatore energetico che si impegna a fornire solo energia da fonti rinnovabili, in modo da azzerare le emissioni legate alla propria mobilità.
Naturalmente, ci rendiamo conto che un tale discorso implica la presenza di determinate disponibilità economiche, dunque non è per tutti, ma per molti sì. Anche più di quanto si pensa, visto che per quanto riguarda le berline si arriva a un sostanziale pareggio economico se si percorrono intorno ai 20.000 km all’anno e si mantiene il possesso per dieci anni, mentre con auto più piccole e/o con percorrenze inferiori il confronto rimane comunque in perdita.

Ma, come dicevamo, la differenza fra viaggiare a zero emissioni o sgasando notevoli quantità di inquinanti dal tubo di scarico è una scelta che dovrebbe andare oltre la semplice convenienza economica. Ognuno può fare le sue valutazioni e decidere quanto possono valere la qualità dell’aria che respiriamo nelle nostre città e più in generale la salvaguardia dell’ambiente dall’immissione di sostanze inquinanti.

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