La disobbedienza di Ultima Generazione per chiedere giustizia climatica e sociale
Giordano Stefano Cavini Casalini
Negli ultimi anni spesso viene osservato come ci sia una sempre crescente attenzione ed attivazione cittadina, specialmente da parte della fascia più giovane, verso le tematiche ambientali; la nascita di movimenti e campagne quali Friday for Future, Extinction Rebellion e Ultima Generazione ne sono un’emblematica prova.
In realtà tale osservazione, seppur vera, si rivela troppo semplicistica e quindi incapace di fornire un esauriente analisi. Storicamente, nel nostro Paese, così come negli altri, le tematiche climatiche sono sempre state al centro delle lotte territoriali, strettamente connesse e spesso di fatto inscindibili da tematiche sociali.
Tutela del suolo, salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità, prevenzione del rischio idrogeologico, accesso all’acqua potabile ed al cibo, diritto alla terra e di accesso alle risorse naturali, sono solo alcune delle tematiche facenti capo più o meno indirettamente all’ambiente. All’interno di questo corollario di voci possiamo allora inserire molte campagne storiche, di lotta e rivendicazione dei diritti promosse dai popoli aborigeni (tra cui il movimento Zapatista), la cui nascita è ben antecedente agli anni 2000. Da osservare come anche organizzazioni, internazionali e non, molto conosciute e di stampo dichiaratamente ambientale (WWF, Legambiente, Greenpeace) siano tutte nate tra gli anni 60 ed 80 del secolo scorso; aggiungiamo pure che la fondazione dell’IPCC (Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico) è avvenuta nel 1988.
Insomma, sembra che l’attenzione per il clima ci sia sempre stata se prendiamo in analisi i fatti storici, ricordiamoci come il primo rapporto scientifico effettivo sui limiti e le future criticità dell’attuale modello di sviluppo capitalista risalga ad inizio anni 70 (The Limits to Growth).
Oggi osserviamo solamente e semplicemente il continuo dello scontro, avviato ormai oltre 50 anni fa, tra la volontà cittadina e l'inazione istituzionale. Trascinare un conflitto per così lunghi anni porta inevitabilmente alla sua esacerbazione e comporta quindi la naturale nascita di movimenti sempre più dirompenti e disposti ad utilizzare modalità di manifestazione estrema, come Ultima Generazione.
Contemporaneamente il temporeggiare delle istituzioni ha reso i danni derivanti dal collasso climatico (siccità, ondate di calore, fenomeni meteorologici estremi, ecc...) ineludibili, frequenti e pericolosi per tutti noi ed in particolar modo per le fasce di popolazione più giovani, rendendole di conseguenza anche le più interessate, attive e radicalizzate nell'affrontare il problema.
Ancora in tv, in radio ed in politica si continua troppo spesso a parlare di maltempo ed eventi imprevedibili, riguardo ad inondazioni, incendi, trombe d'aria, grandinate con chicchi di ghiaccio grossi come palline da tennis e temperature estreme sopra i 50 gradi, tutti eventi catastrofici e mortiferi. La realtà però è diversa, la verità è che i nostri rappresentanti e governanti hanno scelto deliberatamente questo scenario, con la consapevolezza di renderlo ancor più grave in futuro, hanno deciso di esporre tutti noi ad un pericolo ben noto ed evitabile.
Di fronte alla scelleratezza della nostra classe dirigente, il dialogo ed il confronto attraverso le modalità legittimamente previste dalla legge, come manifestazioni, petizioni e referendum, già tutte largamente tentate, si è rivelato inefficace alla risoluzione del problema. In realtà non dovremmo esserne stupiti, quanti di noi non hanno mai ritenuto che dietro a determinate scelte politiche si celassero interessi economici? Chi di noi è pienamente convinto che l'unico obiettivo dei nostri rappresentanti sia quello di adempiere alla volontà popolare? Molti tentennerebbero di fronte a queste domande, ma per qualche strano bias cognitivo, si è comunque portati a ritenere necessario, da parte dei cittadini, un comportamento corretto ed aperto al dialogo verso le istituzioni... Un po' come dire che all'interno di una partita a carte truccata, non è lecito ribaltare il tavolo di gioco, ma solo provare comunque a vincere seguendo le regole.
I cittadini aderenti alla campagna di disobbedienza civile non violenta di Ultima Generazione, stanchi, disillusi e preoccupati per il proprio futuro, non potendo più concordare con questa vaga idea di perbenismo, consci del dissenso che poteva genere la loro azione, con coraggio hanno scelto, letteralmente, di ribaltare il tavolo da gioco. Ovviamente non sono stati i primi, la strada era già ben tracciata da grandi nomi del passato come Mandela, Gandhi ed il movimento delle suffragette, giusto per citarne alcuni; si uniscono a loro, nel presente, lavoratori in sciopero, occupanti degli squat, studenti in rivolta e chiunque abbia scelto di opporsi concretamente ad un sistema iniquo rivalorizzando il significato della parola "lotta"; un termine così ricorrente da essere ormai svalutato, perché il dissenso, non necessitando di permesso, si agisce, così come un diritto, non necessitando di concessione, si conquista.
Ultima Generazione ha fatto proprio un modello d'azione forte ma pacifico, si tratta di una scelta strategica, il giusto compromesso all'interno di un sistema che ancora si descrive democratico e libero. Non abbiamo accuse da esprimere verso chi agisce attraverso altre modalità di contrasto; in fondo del nostro passato amiamo spesso ricordare un grande esempio virtuoso di guerriglia armata (in vero era ben più di questo), sto parlando della lotta partigiana: essa era ben giustificata all'interno del periodo storico in cui è nata, una realtà dittatoriale in cui libertà e diritti erano totalmente cancellati.
Contemporaneamente apprezziamo e riconosciamo il ruolo di coloro che investono energie e tempo nell'informazione e sensibilizzazione; far conoscere il problema ed i rischi legati al collasso climatico, così come le possibili soluzioni da adottare, è necessario. Però a chi crede che questa sia la strategia migliore e quindi l'unica realmente valida per raggiungere un cambiamento, chiedo di riflettere su quanto tempo ci resta per invertire la rotta (il climate clock, nel momento in cui scrivo, ci ricorda che sono al massimo 5 anni e 330 giorni) e quanto, obiettivamente, credono di doverne ancora impiegare per raggiungere il numero minimo di persone informate necessario ad operarlo. Siamo così certi di riuscire da soli?
Ottenere giustizia climatica richiede un radicale cambio di sistema, culturale, economico e politico; passa da un nuovo modello di ridistribuzione del potere e necessita di un vero ottenimento di equità sociale. È indubbiamente la sfida più grande e complessa mai incontrata dalla nostra specie, le strategie da mettere in campo per la sua realizzazione sono innumerevoli e complesse, abbracciano tutto il possibile, dalla vita individuale all'organizzazione collettiva, dalla gestione dell'orto di casa a quella del territorio nazionale, e si snodano attraverso un sapere interdisciplinare. Appare quindi ovvio come, al pari delle soluzioni da adottare, anche gli strumenti con cui intervenire siano molteplici; non è possibile pensare di raccogliere tutto in un'unica visione o modo d'azione. La disobbedienza dei cittadini di Ultima Generazione per raggiungere l'obiettivo ha bisogno del supporto di chi informa, di chi lotta e di chi ha scelto di vivere in campagna.
Disobbedienza civile non è infrangere la legge, disobbediente è chi agisce contro ed a contrasto di un modello sbagliato, minandone e mettendone in discussione leggi, meccaniche, valori e costumi.
Noi tutti vogliamo creare un modello diverso, alla base di ogni struttura vi sono determinati valori e principi; il mondo nuovo che desideriamo e di cui necessitiamo dovrà essere, sopra ogni altra cosa, solidale. Diamo quindi valore a questo elemento cardine iniziando a metterlo in pratica in prima persona, sostenendo chi agisce per il bene comune, anche se non nello stesso modo impeccabile, perfetto, inoppugnabile di come lo facciamo o faremmo noi.