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Fabio Clauser: ha 100 anni il decano dei forestali italiani

Gianni Marucelli

È giunto a 100 anni, non in punta di piedi, ma pubblicando nell'ultimo quadriennio ben due libri di grande interesse, “Romanzo forestale” e “La parola agli alberi”. Fabio Clauser, nato in Trentino nel 1919, decano dei Forestali italiani, è stato festeggiato nell'ottobre scorso presso il Teatro degli Antei”, a Pratovecchio (AR), in quella magica vallata, il Casentino, che è stata per molti decenni il suo luogo di lavoro.
Non basterebbe un voluminoso tomo, per narrare compiutamente le vicende della lunga vita di questo studioso e amministratore del patrimonio forestale del nostro Paese: lui, sobriamente, l'ha riassunta in un libro di 190 pagine (“Romanzo forestale”, appunto), che reca come sottotitolo la dicitura “Boschi, foreste e forestali del mio tempo”. Un tempo, potremmo aggiungere, che non si è ancora affatto esaurito, se Clauser, con la stessa solidità e pacata energia di un faggio secolare, continua a darci lezione di amore per la Natura e a esortarci a preservarla.
Con umiltà e decisione, come io stesso posso testimoniare, quando, alla presentazione del suddetto volume, quattro anni fa, ebbe a dirmi, mentre me lo autografava: “Continuate a battervi, voi di Pro Natura, perché, senza voi ambientalisti, noi possiamo fare poco!”.
Entrato nella Milizia Forestale nel 1940 (il regime aveva voluto cambiar nome al Regio Corpo forestale, per suggerire un che di bellicoso), e  conseguita la laurea presso l'Accademia Militare di Scienze forestale di Firenze, Clauser fu spedito a “farsi le ossa” in Piemonte, da dove poi fu trasferito nel natio Trentino. Il tragico periodo degli ultimi anni di guerra è narrato, con sobrietà ma anche con stimolante ironia e autoironia da Clauser: tra le pagine più godibili certamente quelle in cui il giovane Forestale rifiuta di far giuramento nel nome di Mussolini e della Repubblica di Salò, pena il licenziamento, e le righe che narrano la brevissima e incruenta adesione alla Resistenza, prima del 25 aprile.
Le successive esperienze, quale direttore del Parco Nazionale dello Stelvio quando questa importantissima area protetta era ridotta allo stremo per mancanza assoluta di risorse economiche, e poi, per molti anni, all'Azienda di Stato delle Foreste Demaniali del Casentino, quella zona che sarebbe in seguito divenuta l'attuale Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, esaltarono le capacità di gestione selvicolturale di Fabio Clauser, sempre più orientata nel senso della valorizzazione naturalistica della foresta. In questo contesto, prese vita l'idea di preservare totalmente un'area, destinata al taglio, di accesso difficilissimo, un'area situata sulle pendici di Poggio Scali, versante settentrionale. Il bosco era qui caratterizzato dalla presenza di alberi di alto fusto di varie specie diverse: faggi, abeti, frassini, aceri, tassi, olmi, querce, alberi, scrive lo stesso Clauser “di dimensioni inconsuete nei boschi appenninici, piante in parte piene di vita, malgrado la loro secolare esistenza, in parte espressione evidente di una maestosa e vigorosa vecchiaia, in parte disfatte in un lungo processo di riciclaggio del legno in humus, in parte piantine giovanissime, segno di una rinnovazione lenta, ma sicura del bosco”.
Altri, al suo posto, avrebbero ordinato di procedere all'abbattimento anche di questo lembo di bosco antico. Non il Forestale venuto dal Trentino, che, abusivamente, “risparmia” un centinaio di ettari: “non era il caso di turbarne l'aspetto così commovente nemmeno con il taglio di un solo albero”.
Naturalmente, Clauser si rendeva perfettamente conto che la situazione restava di fatto precaria, e suscettibile di distruzione non appena fosse cambiato il Direttore: perciò decise di intraprendere una strada all'epoca (siamo negli anni '50) assai audace: l'istituzione di una Riserva Naturale Integrale quale ne esistevano in altri paesi europei, create dall'UICN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura).
Fu un'impresa lenta e difficile, che incontrò ostacoli non solo dalla burocrazia, ma anche dal mondo accademico. Finché non intervennero con il loro peso scientifico il prof. Mario Pavan e il prof. Gosswald (Università di Wurzburg), e la proposta fu alla fine approvata (1959) con l'istituzione di una Riserva su una superficie di 113 ettari, in seguito ampliata per altri 400 ettari circa. Nacque così la Riserva Naturale Integrale di Sassofratino, che il prof. Pavan riuscì a far inserire fra le Riserve del Consiglio d'Europa. Quest'ultimo conferì molti anni dopo (1985) alla stessa l'ambito riconoscimento del Diploma Europeo per la Conservazione della Natura.
Se la Riserva di Sassofratino rimarrà per sempre legata al nome di Fabio Clauser (e perché non intitolargliela ufficialmente?), l'impegno del decano dei Forestali continuò ad espletarsi ancora per decenni, prima come funzionario dello Stato poi come libero cittadino e studioso impegnato nella difesa dell'ambiente forestale, ed è per questo che, in tanti, noi compresi, al compimento del secolo di vita, si sentono onorati di averlo conosciuto e di potergli ancora augurare “cento di questi giorni!”.

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