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Milano-Cortina 2006. Olimpiadi sostenibili? Solo a parole

Franco Rainini

I Giochi invernali più sostenibili e memorabili di sempre, fonte di ispirazione per cambiare la vita delle generazioni future”. Dal dossier candidatura di Milano-Cortina per le olimpiadi 2026 https://milanocortina2026.olympics.com/media/ej0c2b3u/2026-milano-cortina-ita_dossier-candidatura.pdf

Rileggere il documento di candidatura citato in epigrafe non è un esercizio inutile in questo momento, mentre si stanno definendo gli assetti organizzativi dei giochi e siamo vicini all’avvio delle opere, opere che in realtà dovrebbero essere pochine, citiamo sempre dal dossier candidatura:

Adotteremo un approccio unitario e pianificato con attenzione per realizzare Giochi sostenibili che si avvalgano dello sport come elemento catalizzatore di numerosi benefici economici, ambientali e sociali. Come illustrato nel Concept dei Giochi al punto D.3, solo due impianti olimpici chiave necessitano di infrastrutture completamente nuove. Tutte le altre sedi sono esistenti, oppure esistenti ma con la necessità di eseguire opere permanenti (solo tre) o temporanee”; e ancora : ” 4.Il 93% degli impianti sono già esistenti o temporanei. … Uno dei principi fondamentali sulla quale si basa Milano Cortina 2026 è la sostenibilità economica, ambientale e sociale. Il 93% degli impianti che verranno utilizzati sarà già esistente o temporaneo. Saranno i Giochi ad adattarsi alle necessità dei territori e non viceversa”.

Anche dal punto di vista dell’impatto sulle aree naturali l’approccio contenuto nel dossier di candidatura sembra orientato al buon senso e all’attenzione, citiamo ancora: “Il Piano di Realizzazione complessivo dei Giochi sarà inoltre sottoposto, nel quadro della VAS, a una specifica valutazione (ex DPR 375/97) per evitare ogni possibile impatto sulla conservazione della biodiversità e del patrimonio culturale”.

Chiunque come ambientalista si è trovato ad affrontare l’avvio di grandi opere o eventi è certamente avvezzo a questo tipo di prosa rassicurante ed anche cosciente che maggiore è la retorica sulla sostenibilità, più gravoso è il peso che si abbatte sulla natura, sui beni comuni ambientali e di valore sociale.

Tanto per chiarire come sta andando a finire, mettiamoci comodi e rilassati e cominciamo da uno degli ultimi atti prodotti in tema di olimpiadi, l’ultimo prodotto dal dimissionato governo Draghi: Il DCPM26/09/2022, nel quale, con ritardo di circa una anno sul previsto, viene fatto l’elenco delle opere previste per le olimpiadi, dal quale risulta che parecchio deve essere progettato e costruito, lasciando ampio spazio discrezionale per ulteriori progettazioni e costruzioni. Un particolare non trascurabile è che questo atto decreta, ad onta del dossier di candidatura che “il Piano degli interventi rileva quale programma finanziario e che, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 6, comma 4, lettera b), del decreto legislativo n. 152 del 2006 lo stesso non è assoggettato alla procedura di valutazione ambientale strategica;” (https://www.governo.it/it/articolo/dpcm-26-settembre-2022-approvazione-del-piano-degli-interventi-da-realizzare-funzione-dei) come a dire, i soldi son soldi e non hanno impatto ambientale, quindi perché preoccuparsi di quello che con i soldi si fa? Come spesso accade in documenti tecnici si trovano perle di sincerità che mancano nei documenti programmatici.

Rimanendo su questo tema occorre rilevare che proprio sulla valutazione di impatto ambientale delle olimpiadi si è concentrato l’impegno delle Associazioni ambientaliste, organizzate in un tavolo di confronto. Le otto associazioni dopo alcuni sterili confronti con la Fondazione Milano Cortina (organizzatrice, promotrice e deputata alla comunicazione degli eventi sportivi e culturali relativi allo svolgimento dei Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali del 2026, (https://milanocortina2026.olympics.com/it/fondazione-milano-cortina-2026) nell’aprile del 2021 hanno inviato una lettera al ministro delle infrastrutture con l’esplicita richiesta di una Valutazione Ambientale Strategica (VAS) su tutte le opere a vario titolo connesse alle olimpiadi.  In particolare si chiedeva una VAS nazionale e non diverse valutazioni Regionali svolte dai quattro enti amministrativi competenti per i territori (Bolzano, Trento, Veneto e Lombardia), la lettera seppure firmata dai presidenti delle Associazioni, e il successivo confronto diretto con il sottosegretario alle infrastrutture delegato, non ha avuto nessun riscontro. Il DPCM dello scorso settembre appare dunque come l’effettiva risposta all’istanza e rivela l’effettiva diponibilità al confronto del governo e degli enti organizzatori alle nostre istanze. Di passaggio vale rilevare che la segnalazione di assenza di risposta su un tema tanto importante che sei delle otto associazioni del tavolo (tra cui Pro Natura) hanno inviato al Comitato Olimpico Internazionale, garante della sostenibilità delle opere, ha avuto una risposta formale e totalmente insoddisfacente.

L’oggettiva inefficacia del confronto fin qui rilevato dalle Associazioni ambientaliste, non ha esaurito la montante opposizione alle olimpiadi, espressa soprattutto in ambito locale dai comitati sorti spontaneamente nei vari distretti in cui si svolgeranno i giochi. Un ambito di particolare criticità è rappresentato da Cortina D’Ampezzo, principale ambito di svolgimento dei giochi, dove è anche previsto lo svolgimento delle gare di Bob, con il previsto adeguamento della pista realizzata negli anni ’50 pressoché mai utilizzata dopo i giochi invernali del 1956. Della cosa si è parlato diffusamente, a seguito della richiesta di porre il vincolo architettonico sull’opera, richiesto e ottenuto dagli ambientalisti di quella città, che ha raccolto qualche clamorosa adesione.  Il previsto intervento sulla vetusta pista ha in realtà diverse ragioni di attenzione, in primo luogo per la disastrosa esperienza di mancato utilizzo successivo agli eventi che hanno fatto registrare tali opere, a partire dalla recente pista di Cesana Pariol, realizzata per le olimpiadi invernali di Torino 2026, del resto anche la pista di Innsbruck, suggerita in alternativa non è idonea allo svolgimento delle olimpiadi, come nessuna altra pista presente nell’arco alpino.  Per questo nell’incontro del 1 dicembre scorso tra gli ambientalisti veneti e il presidente della Regione quest’ultimo ha ribadito che l’impianto verrà realizzato (con abbattimento della struttura vincolata) e con questa comunicazione ha troncato il confronto con gli ambientalisti. Quindi ad onta dei vincoli ambientali, della progressiva e devastante trasformazione di Cortina in un parco giochi (definizione di una esponente locale di Italia Nostra), con la conseguente esplosione del valore degli immobili, tali da renderli inaccessibili agli abitanti, della crisi economica, dei costi energetici, dell’impatto su un territorio geomorfologicamente fragile, la pista da oltre cento milioni di euro si farà.

Ma la pista da Bob non è il solo bene vincolato che è a rischio nel comprensorio ampezzano, un altro esempio tra i molti che si possono fare: per le olimpiadi è prevista la realizzazione di un albergo (una costruzione di quarantamila metri cubi) presso il passo di Giau, un valico che si trova a oltre 2200 metri sul livello del mare. Proprio sul passo si è svolta il cinque giugno scorso l’unica manifestazione realizzata a livello nazionale contro le opere previste dalle olimpiadi, di ottimo successo, come grande successo ha avuto la raccolta di firme contro la pista da Bob a Cortina. A tutto questo il presidente Zaia ha risposto alle critiche affermando che lui rappresenta il 77% dei veneti, e tanto deve bastare.

La situazione in Lombardia non è molto diversa, con deliberazione 3531 del 5 agosto 2020 è stato previsto e finanziato un elenco di opere connesse alle olimpiadi, contenute all’interno di un “programma degli interventi per la ripresa economica”. La presenza di opere olimpiche in detto programma esplicita la verità di quanto abbiamo sostenuto per questo evento olimpico, come per altre opere grandi e piccole per cui sono stati spesi soldi pubblici con danno per l’ambiente e i cittadini, ovvero che non si fanno le opere per le olimpiadi, ma sono le olimpiadi che danno ragione per spendere soldi pubblici per immaginare opere quasi mai utili e spesso neppure completate.

All’interno del capitolo olimpiadi del programma sono previste soprattutto opere viarie, a ulteriore dimostrazione che il sistema “sostenibile” di collegamenti previsto nella candidatura olimpico è perlomeno opinabile. Tra queste opere vi è anche la pietra dello scandalo delle olimpiadi per le opere lombarde propedeutiche alle olimpiadi: la “tangenzialina” di Bormio. La strada di cui non si sentiva in verità particolare bisogno e che ha sollevato una fiera opposizione prevede un esborso di cinque milioni per un chilometro di strada che non porta da nessuna parte e non risolve i problemi del traffico di quella città, tutti concentrati nei finesettimana invernali e legati al turismo sciistico. È appena il caso di dire che l’opera comprometterà uno dei pochi lembi del fondovalle non ancora antropizzati, sacrificando la piana agricola delle Alute, lo scorcio paesaggisticamente più bello di Bormio

Sempre a Bormio la pista sciistica verrà ampliata nelle infrastrutture necessarie per permettere le sofisticate riprese televisive, il che porterà al sacrificio di un ettaro di foresta.   Anche la parte centrale della valle, sebbene non interessata dalle gare, paga un prezzo ambientale e di qualità della vita alle olimpiadi. La tangenziale di Sondrio sarà realizzata sul territorio del Comune di Montagna in Valtellina, tagliando i collegamenti all’interno di quel Comune per finire a bloccarsi davanti al passaggio a livello al termine del paese.

Milano è stata la promotrice dei giochi ed in qualche modo l’origine di tutti gli impatti che le olimpiadi stanno creando sul territorio di due Regioni e due Province autonome.  Della particolare capacità attrattiva che negli ultimi quindici anni Milano ha rappresentato si è parlato ancora in passato, vale spolverare un vecchio numero de L’Espresso (n. 25 del 16 giugno 2019 – titolo: “Caccia grossa a Milano”) nell’articolo si rileva, tra l’altro, che il 60% degli investimenti immobiliari esteri sono effettuati sulla sola città di Milano.  Il dato non è indifferente per l’argomento in questione: è immediato comprendere che iniziative come l’expo e le olimpiadi hanno l’effetto di mantenere e incrementare l’afflusso di denaro.  Anche la localizzazione degli impianti previsti a Milano (villaggio olimpico sull’ex scalo ferroviario, palazzetto dello sport di Santa Giulia), è interessante: Santa Giulia e le zone limitrofe, vicine all’importante snodo ferroviario di Rogoredo sono da tempo all’attenzione degli investitori, anche dopo il fallimento dell’edificazione del quartiere omonimo e lo scandolo del ritrovamento di rifiuti pericolosi interrati nelle fondamenta del quartiere.

Le conseguenze sociali delle trasformazioni urbanistiche provocate dai grandi eventi, che sono indicate nel linguaggio degli urbanisti come gentrificazione (brutto termine mutuato dall’inglese) sono meritevoli di interesse, per approfondire questo argomento ed altri legati alle olimpiadi è utile vedersi la registrazione del convegno organizzato lo scorso 19  novembre dall’Associazione off topic  dall’efficace titolo “giochi pericolosi” (https://www.facebook.com/watch/live/?ref=search&v=522084509784051, la registrazione parte dal 32’ ed ha una lunga interruzione per la pausa).

Le questioni poste dalle olimpiadi Milano Cortina 2026 sono dunque molto complesse e si esprimono diversamente nei vari ambiti interessati, è comunque importante ravvisare un comune denominatore nella necessità di forzare il mercato attraverso una potente iniezione di denari pubblico, lo scorso novembre a Milano si è parlato già di 4,5 miliardi, ma a questi dobbiamo aggiungere i quasi 500 milioni previsti dalla finanziaria in discussione, siamo solo all’inizio molti altri se ne aggiungeranno. Non dovremmo esserne sorpresi, una volta i soldi pubblici servivano per fare infrastrutture utili a nuove fabbriche, oggi di fabbriche ce ne sono pochine, qui, i soldi creati dal sistema finanziario e dal sistema dei beni voluttuari (es moda) vanno soprattutto per favorire investimenti immobiliari, cioè in consumo di suolo (anche in questo la Lombardia e il Veneto hanno un non lusinghiero primato), diretto, sulle aree appetite, indiretto cioè indotto dall’espulsione dei ceti medio bassi dai quartieri periurbani oggetto di “valorizzazione”.  Anche le infrastrutture create in aree montane seguono la stessa logica,: dietro al velo pietoso di aiutore lo sviluppo delle aree montane le si rende più pervie al turismo (invernale), alla colonizzazione da paerte della metropoli.

Quanto sopra da senso alle grandi difficoltà che il tavolo ambientalista di confronto sulle olimpiadi si è trovato ad affrontare. Finora non abbiamo ottenuto nulla, se non forse esplicitare il comune disinteresse di tutti gli attori istituzionali (Fondazione Milano Cortina, governo, CIO) ad affrontare coerentemente la sfida della sostenibilità dei giochi, ma certo non abbiamo (chi scrive a partecipato al tavolo in rappresentanza di Pro Natura) dato prova di coesione e incisività; la stessa scarsa compattezza che su molti temi (non su tutti, per fortuna) il movimento ambientalista dimostra troppo spesso. Ma la mancanza di confronto e di schiettezza ci presenta continuamente il conto e forse proprio a partire dalle olimpiadi si deve iniziare a discutere profondamente, anche alla luce dell’esperienza di Torino 2006, dentro la quale la Federazione ha giocato un ruolo primario.

In conclusione per dare il quadro del livello di interlocuzione che abbiamo avuto con la Fondazione Milano Cortina riferiamo dell’ultimo incontro con la stessa, lo scorso 3 ottobre presso la sede della Fondazione in un luogo simbolico: piazza Tre Torri a Milano, in uno dei grattaceli.  L’incontro ha avuto come tema le piste a innevamento artificiale, argomento cruciale, perché come tutti sanno da queste parti di neve non ce n’è più d’inverno in montagna, o non ce n’è abbastanza per soddisfare le pulsioni sciistiche degli abitanti della pianura, quindi bisogna spararla con i cannoni, sperando che la temperatura permetta di mantenerla sciabile … In un contesto climatico sempre più orientato al riscaldamento (e ormai rassegnati a perdere, gli ultimi ghiacciai delle alpi), il rischio di rimanere senza neve non può essere considerato immaginabile dagli organizzatori di cotanto evento, che ci hanno rifilato le assicurazioni dei produttori di impianti di neve finta circa l’elevata efficienza energetica e idrologica dei loro impianti. È stato abbastanza semplice far notare che l’approccio tecnologico su questo tema è sterile e inutile, che nessuna delle mirabolanti soluzioni proposte poteva rispondeva alla critica fondamentale: perché fare olimpiadi sulla neve se non c’è la neve? Che nessun dato era fornito sull’impatto previsto dai loro efficientissimi e potentissimi impianti sull’ecosistema montano, acqua, suolo, componenti biotiche. L’opzione zero per loro non può esistere (come dimostra il commissariamento delle opere connesse alle olimpiadi), da parte nostra non possiamo che concludere il confronto con noi ha avuto significato solo per essere comunicato e non per l’esito che il confronto stesso può aver prodotto.

Le previste olimpiadi Milano Cortina hanno già prodotto a quattro anni dall’avvio la pubblicazione di alcune interessanti riflessioni critiche. Segnaliamo tre libri:

  • La bolla olimpica Illusioni, speculazioni e interessi dietro ai cinque cerchi. A cura di Silvio La Corte, edizioni Nimesis.
  • Ombre sulla neve Milano-Cortina 2026. Il "libro bianco" delle Olimpiadi invernali. Di Luigi Casanova, edizioni Altraeconomia.
  • Cortina 2020 - 2040, storia di una comunità al tramonto? Di Raffaello e Stefano Lorenzi, La pubblicazione dello studio è stata sostenuta da: le Regole d’Ampezzo, il Comune di Cortina d’Ampezzo, Cortinabanca, la Cooperativa di Cortina, il Comitato Civico e la Union de i Ladis de Anpezo.

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