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I risultati del monitoraggio del lupo nelle regioni dell’Italia peninsulare 2020/2021. Un commento.

Ettore Randi
Unione Bolognese Naturalisti (UBN)

In conseguenza dei grandi cambiamenti socioeconomici che hanno interessato l’intera Europa e, per certi aspetti in misura ancor maggiore, l’Italia dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi, estese regioni di montagna e collina, così come pure aree agricole poco produttive, sono state progressivamente abbandonate dall’uomo. Si è avviata una transizione ecologica, in buona parte spontanea, in piccola parte gestita, che ha portato a una rapida espansione di foreste, boschi e superfici incolte di vario tipo, ricostituendo ecosistemi in evoluzione in territori dai quali essi erano scomparsi da tempo. L’espansione delle foreste europee ha marciato al ritmo del 9% negli ultimi 30 anni, coprendo circa 230 milioni di ettari, il 30% della superfice terrestre dell’EU. Il patrimonio forestale si è accresciuto ancor più estesamente in Italia, aumentando del 75% negli ultimi 80 anni e ricoprendo il 40% circa della superfice terrestre (State of Europe’s Forests 2020. https://foresteurope.org/state-of-europes-forests/). Foreste e superfici verdi di vario tipo servono non solo a metabolizzare CO2 rilasciando ossigeno in atmosfera, ma anche, e forse soprattutto, ricostituiscono ecosistemi che vengono rapidamente colonizzati da innumerevoli popolazioni di piante, funghi e animali. Il report di Rewilding Europe “Wildlife Comeback in Europe: Opportunities and challenges for species recovery” (Ledger et al. 2022), appena pubblicato, documenta le tendenze demografiche di 50 specie di vertebrati (24 mammiferi, 25 uccelli e un rettile), tendenze che appaiono in buona parte positive a seguito dell’espansione sia degli areali che dell’abbondanza delle loro popolazioni. Molte di queste specie, soprattutto mammiferi, vivono associati ad ambienti forestali. Fra loro, il lupo. Il report di Rewilding Europe ci dice che gli areali e le dimensioni delle popolazioni europee di lupo sono in aumento al ritmo di circa l’1,9% all’anno. Si stima che attualmente (2022) vivano in EU almeno 20.000 lupi, suddivisi, per opportunità gestionali, in circa 10 popolazioni: penisola iberica nord-occidentale, regione alpina, penisola italiana, Alpi Dinariche e Balcani, Carpazi, regioni baltiche, Carelia, Scandinavia, Russia europea ed Europa centrale. Queste popolazioni in realtà non sono isolate, ma sono quasi ovunque connesse da lupi in dispersione e dal conseguente flusso genico (Figura 1).

Figura 1. Le popolazioni di lupo in Europa, suddivise per scopi gestionali così come indicato dalla Large Carnivore Initiative for Europe (https://www.lcie.org/Large-carnivores/Wolf-)

Dopo aver rischiato l’estinzione nel nostro Paese, la piccola popolazione di circa 100 lupi sopravvissuta in aree poco accessibili dell’Appennino meridionale ha avviato uno straordinario ciclo espansivo, che non si è ancora concluso. In meno di 50 anni i lupi hanno ricolonizzato la maggior parte del loro areale storico negli Appennini, espandendosi più recentemente anche in aree di pianura, come per esempio in Lazio, in Maremma Toscana e in Pianura Padana (Randi 2011). Dal 1992 in poi, dopo aver attraversato l’arco dell’Appennino ligure, i lupi hanno ricolonizzato spontaneamente le Alpi Marittime nei versanti francesi e italiani, espandendosi in seguito verso le Alpi centrali e Orientali (Marucco et al. 2022). L’espansione è stata ed è tuttora sostenuta dalla ricostituzione di abbondanti popolazioni di ungulati selvatici (cinghiali, caprioli, cervi, daini, le prede naturali del lupo), e dalla - purtroppo debole - implementazione di obblighi di legge e misure pratiche di protezione, oltre che da mutati atteggiamenti culturali più orientati verso una maggior disponibilità alla convivenza con questa specie.

Due questioni sono rimaste aperte, in attesa di risposte documentate: 1 - quanti lupi abbiamo in Italia e dove sono distribuiti; 2 - si tratta di lupi discendenti dalle passate popolazioni appenniniche oppure sono in parte ibridi con i numerosissimi cani vaganti? A queste domande hanno cercato di rispondere, almeno parzialmente, programmi di ricerca di campo e laboratorio, quasi sempre promossi da Istituti di Ricerca, Enti Parco oppure da Amministrazioni Regionali, e in alcuni casi da ben finanziati programmi LIFE EU. Nonostante le indispensabili informazioni prodotte da queste attività, è purtroppo mancato un coordinamento nazionale, talvolta a causa di oggettive difficoltà organizzative, fra le quali, in primis, i modesti finanziamenti. Ma in altri casi il mancato coordinamento è da imputarsi a colpevoli provincialismi, prevalendo gli interessi personali e la frammentazione sulle esigenze di conservazione del lupo. Finalmente nel 2020-2021 il passato Ministero dell’Ambiente - il MATTM, poi rinominato MITE - ha avviato e finanziato il programma “Attività di monitoraggio nazionale nell’ambito del Piano di Azione del lupo”, coordinato da ISPRA. A partire dalle informazioni preesistenti sulla diffusione del lupo, e sulla base di un documento tecnico di linee-guida (Marucco et al. 2020), il piano di monitoraggio nazionale ha riconfermato la distinzione operativa fra regioni alpine e regioni peninsulari (Figura 2). Il piano di monitoraggio definisce due obiettivi principali, condivisi a livello nazionale: 1: ottenere una stima dell’areale e della consistenza della popolazione italiana di lupo; e 2: utilizzare metodologie coerenti di raccolta ed elaborazione dei dati. Come già detto, i lupi in Italia derivano tutti dall’espansione della popolazione appenninica, ad eccezione di pochi individui che molto recentemente sono entrati in Italia dalla Slovenia. Le due sottopopolazioni sono tuttora connesse, grazie ai movimenti di lupi in dispersione e al flusso genico (Fabbri et al. 2007). Tuttavia, fra Alpi e Appennini esistono ovvie differenze ecologiche, ma anche differenze gestionali e operative che giustificano questa distinzione. Per esempio, i lupi nelle Alpi hanno distribuzioni transnazionali. Abbiamo individui e branchi condivisi con Francia, Svizzera, Germania, Austria e Slovenia. L’espansione del lupo nelle Alpi è stata accuratamente monitorata fin dall’inizio grazie a ottimi progetti LIFE e altri programmi regionali, mentre non è mai stato possibile realizzare alcun programma coordinato che comprendesse l’intera area di presenza della specie in Italia peninsulare.

Figura 2. Definizione geografica delle regioni alpine e peninsulari ai fini del campionamento nazionale delle popolazioni di lupo (da Marucco et al. 2020)

Come emerge dai report resi pubblici da ISPRA (Aragno et al. 2022, La Morgia et al. 2022, Marucco et al. 2022), le strategie di censimento nelle Alpi e in penisola, la quantità dei dati raccolti e la qualità dei risultati ottenuti, appaiono significativamente diversi. Entrambi i territori alpini e peninsulari sono stati coerentemente suddivisi in griglie di celle di 10x10 km, ma mentre nelle Alpi il 100% dell’areale di presenza del lupo è stato campionato intensivamente (tramite segni di presenza, fototrappole e identificazioni genetiche), in penisola sono state realizzate due distinte procedure di campionamento in due sottoinsiemi preselezionati di celle: 1) un campionamento estensivo di soli segni di presenza; 2) un campionamento genetico non invasivo di tipo intensivo all’interno di aree campione” (Figura 3. La Morgia et al. 2022). Le stime complessive di distribuzione e abbondanza sono state ottenute combinando tutti i dati raccolti (osservazioni di campo e genotipi), che sono stati elaborati utilizzando complessi modelli statistici che fanno ampio ricorso a procedure di estrapolazione dalle aree campionate alle aree non campionate. In conclusione, il risultato finale delle elaborazioni statistiche ha prodotto una stima complessiva di 2.388 lupi per l’Italia peninsulare, con un intervallo di credibilità al 95% variabile da 2.020 a 2.645 lupi. Il che significa che in penisola al 2020-21 dovremmo avere avuto da circa 2.000 a 2.600 lupi (con probabilità al 95%). L’incertezza attorno al valore medio è risultata di circa 600 lupi, corrispondente al 25% della stima media di 2.400 lupi (arrotondando le cifre). Nelle Alpi vengono stimati 950 lupi (intervallo di credibilità CI 95% = 822-1099). L’incertezza attorno al valore medio è risultata di circa 280 lupi, corrispondente al 29% della media. Quindi, nonostante le differenze fra le coperture di campionamento e le risorse disponibili, l’incertezza delle stime di abbondanza risulta di dimensioni comparabili per le due sottopopolazioni.

Il notevole impegno di risorse, anche umane, ha certamente prodotto risultati importanti attesi da anni, ma gli intervalli di credibilità delle stime di abbondanza restano ancora piuttosto alti. Tuttavia, da un punto di vista conservazionistico il messaggio è già molto chiaro: al termine del 2021 il nostro Paese ospitava una abbondante popolazione di lupi, che ha solo parzialmente occupato gli areali potenzialmente disponibili. L’espansione del lupo dovrebbe continuare in futuro, contando anche sulla persistenza di numerose popolazioni di prede naturali. È possibile che la precisione delle stime abbia risentito del limitato campionamento genetico non invasivo, i cui risultati sono stati peraltro fondamentali per le stime di abbondanza tramite modelli spazialmente espliciti di cattura-ricattura (SECR), nei quali per cattura si intende la localizzazione della prima genotipizzazione, per ricattura la localizzazione delle eventuali successive genotipizzazioni dello stesso individuo. I due report indicano che nelle Api sono stati identificati con successo ed utilizzati 745 campioni, appartenenti a 449 genotipi unici, cioè a 449 lupi diversi. Così il numero minimo certo degli individui presenti – 449 - corrisponde al solo 47% del numero medio stimato di 950 lupi. In penisola, sono stati identificati 671 genotipi, corrispondenti a 373 lupi. In questo caso il numero minimo certo degli individui presenti corrisponde al solo 16% del numero medio stimato di 2.388 lupi. Probabilmente la piccola proporzione di genotipi certi sul totale stimato, e la loro modesta probabilità di ricampionamento di circa 1,7 (il che significa che ogni genotipo è stato ricampionato meno di due volte, in media) hanno condizionato la precisione delle stime tramite SECR e, quindi, le stime conclusive di abbondanza.

Molto interessanti sono i risultati ottenuti dai test di assegnazione dei genotipi alla popolazione di lupo italiano, cane domestico o ibrido lupo x cane. Nelle Alpi sono stati documentati i primi quattro casi di branchi riproduttivi con evidenze di ibridazione, presenti in Liguria, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia (Marucco et al. 2022). In penisola sono stati campionati i genotipi di 109 cani, corrispondenti al 17,5% dei genotipi unici. Inoltre, sono stati identificati 60 ibridi (il 9,6% dei genotipi unici individuali), e 80 individui (12,9% dei genotipi unici) con evidenze di introgressione di varianti genetiche di origine domestica nei lupi. Pertanto, la presenza di ibridi è fortunatamente molto limitata nelle regioni alpine, ma appare ben più frequente in penisola. Purtroppo, il numero di celle selezionate (15) per il campionamento genetico in penisola è stato troppo esiguo e lo sforzo di campionamento è stato insufficiente per consentire la produzione di dati rappresentativi. Per prima cosa, la frequenza dei campioni fecali di cane è stata elevata, il che può significare che il lavoro di campo è stato effettuato poco accuratamente, oppure che la presenza di cani vaganti in penisola è molto alto, oppure entrambe le cose in sinergia. Il campionamento insufficiente non consente di valutare la diffusione dell’ibridazione e dell’introgressione genetica nella popolazione peninsulare. Il campionamento nelle 15 aree scelte per le analisi genetiche è risultato molto eterogeneo e i risultati dei test di assegnazione non forniscono indicazioni rilavanti per la valutazione della prevalenza di ibridi (vedi la Tabella 13 in Aragno et al. 2022). Per esempio, nel Parco Nazionale del Gargano, un’area di recente colonizzazione del lupo e di riaccertata presenza di ibridi, sono stati raccolti 22 campioni di cui solo 14 hanno fornito genotipi affidabili, comprendenti 7 lupi, 4 cani e 3 ibridi. Pure in altre aree il campionamento e le genotipizzazioni sono risultati insufficienti (Tabella 13 in Aragno et al. 2022).

Figura 3. Aree e celle prescelte per il campionamento non invasivo e l’identificazione genetica dei genotipi di lupo utilizzati per la stima della popolazione in Italia peninsulare (da Aragno et al. 2022)

In conclusione, i risultati del piano nazionale di monitoraggio hanno restituito un quadro aggiornato della distribuzione spaziale del lupo in Italia, completato dalla stima dalle densità delle popolazioni nei territori campionati, ed una stima complessiva della popolazione italiana, suddivisa nella componente alpina e peninsulare. Questi risultati, ottenuti utilizzando per la prima volta procedure affidabili e coordinate a livello nazionale, confermano gli esiti positivi del processo di espansione del lupo nel nostro Paese. Il piano di monitoraggio ha prodotto una quantità di dati che al momento sono stati pubblicati solo parzialmente, nella loro sintesi essenziale. Ci aspettiamo che nel prossimo futuro verranno pubblicate analisi più esaurienti ed approfondite che ci aiuteranno a valutare con maggior precisione lo stato della popolazione italiana di lupo. Completamente d’accordo con gli autori dei tre report diffusi da ISPRA, auspichiamo che questa prima realizzazione costituisca il punto di partenza per programmi di monitoraggio a lungo termine della popolazione di lupo, ma non solo. Altre specie di carnivori (orso bruno, sciacallo, lontra …), alcune specie di uccelli ed altri vertebrati e non solo, dovrebbero essere monitorate con regolarità e con continuità. Il ciclo di rinaturalizzazione in Italia e in Europa deve essere attentamente monitorato, molto più di quanto non si stia facendo. Non mancano i fattori di rischio, sia a danno delle foreste (cambiamenti climatici, parassiti, cattiva gestione forestale) che a danno delle popolazioni animali associate a questi ecosistemi. Per ciò che riguarda il lupo, anche dopo il monitoraggio nazionale 2020-21 resta irrisolto il problema dell’ibridazione, probabilmente il principale fattore di rischio per la conservazione della specie in Italia. La notizia dell’individuazione di solo quattro branchi di origine ibrida nelle Alpi, per quanto preoccupante non è del tutto negativa. Infatti, a questo punto è possibile, almeno sulla carta e burocrazia permettendo, attuare rapidamente interventi mirati di eradicazione per contrastare la diffusione degli ibridi immediatamente al loro primo apparire. Deludente appare invece il risultato, o meglio la carenza di risultati, relativi all’individuazione delle aree di ibridazione in penisola. Il campionamento insufficiente, sia delle celle prescelte, sia del numero di campioni genotipizzati, non consente di ricavare informazioni quantitativamente rilevanti, pur confermando la presenza di ibridi quasi ovunque sul territorio peninsulare, come peraltro era già ben noto da tempo (Randi et al. 2014). Resta quindi ancora molto da fare per evidenziare quei fattori di vulnerabilità che potrebbero compromettere la conservazione a lungo termine delle comunità di predatori e prede che vivono nel nostro Paese.

 

Riferimenti bibliografici

Aragno P., Salvatori V., Caniglia R., De Angelis D., Fabbri E., Gervasi V., La Morgia V., Marucco F., Mucci N., Velli E., Genovesi P., 2022. La popolazione di lupo nelle regioni dell’Italia peninsulare 2020/2021. Relazione tecnica realizzata nell’ambito della convenzione ISPRA-Ministero della Transizione Ecologica “Attività di monitoraggio nazionale nell’ambito del Piano di Azione del lupo”.

Ledger, S.E.H., Rutherford, C.A., Benham, C., Burfield, I.J., Deinet, S., Eaton, M., Freeman, R., Gray C., Herrando, S., Puleston, H., Scott-Gatty, K., Staneva, A. and McRae, L., 2022. Wildlife Comeback in Europe: Opportunities and challenges for species recovery. Final report to Rewilding Europe by the Zoological Society of London, BirdLife International and the European Bird Census Council. London, UK: ZSL.

Marucco F., La Morgia V., Aragno P., Salvatori V., Caniglia R., Fabbri E., Mucci N. e P. Genovesi., 2020. Linee guida e protocolli per il monitoraggio nazionale del lupo in Italia. Realizzate nell’ambito della convenzione ISPRA-Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per “Attività di monitoraggio nazionale nell’ambito del Piano di Azione del lupo”.

Marucco F., E. Avanzinelli, M. V. Boiani, A. Menzano, S. Perrone, P. Dupont, R. Bischof, C. Milleret, A. von Hardenberg, K. Pilgrim, O. Friard, F. Bisi, G. Bombieri, S. Calderola, S. Carolfi, C. Chioso, U. Fattori, P. Ferrari, L. Pedrotti, D. Righetti, M. Tomasella, F. Truc, P. Aragno, V. La Morgia, P. Genovesi, 2022. La popolazione di lupo nelle regioni alpine Italiane 2020-2021. Relazione tecnica dell’Attività di monitoraggio nazionale nell’ambito del Piano di Azione del lupo ai sensi della Convenzione ISPRAMITE e nell’ambito del Progetto LIFE 18 NAT/IT/000972 WOLFALPS EU.

Fabbri, E., Miquel, C., Lucchini, V., Santini, A., Caniglia, R., Duchamp, C., Weber, J.-M., Lequette, B., Marucco, F., Boitani, Fumagalli, L., Taberlet, P., e Randi, E., 2007. From the Apennines to the Alps: colonization genetics of the naturally expanding Italian wolf (Canis lupus) population. Molecular Ecology 16:1661-1671.

Randi, E. 2011. Genetics and conservation of wolves Canis lupus in Europe. Mammal Review 41, 99–111.

Randi E, Hulva P, Fabbri E, Galaverni M, Galov A, et al. 2014. Multilocus Detection of Wolf x Dog Hybridization in Italy, and Guidelines for Marker Selection. PLoS ONE 9(1): e86409. doi:10.1371/journal.pone.0086409

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