Membro di
Socia della

Subsidenza

Riccardo Graziano

Da qualche tempo locuzioni come riscaldamento globale, cambiamento climatico, scioglimento dei ghiacci, consumo di suolo ricorrono relativamente spesso sui mezzi di comunicazione, inducendo l’opinione pubblica a prendere coscienza di queste  problematiche. Ma si parla ancora poco di un fenomeno che a sua volta avrà conseguenze piuttosto serie nei prossimi anni: la subsidenza.

Un termine tecnico che indica l’abbassamento del suolo, a volte per cause naturali, ma ultimamente sempre più spesso per effetto dell’azione dell’uomo, che da un lato “appesantisce” il terreno con le sue costruzioni mentre dall’altro lo “svuota” prelevando risorse dal sottosuolo. È evidente infatti che una selva di grattacieli pesa molto di più di una foresta di mangrovie, come pure è chiaro che se continuiamo a prelevare in modo massiccio acqua o idrocarburi da riserve sotterranee, creiamo un vuoto, o comunque una depressione, che induce il suolo ad afflosciarsi,  con uno sprofondamento lento, ma costante, che può essere percepito e misurato anche su tempi relativamente brevi.
Se il fenomeno è legato a cause naturali, quali i movimenti geologici, c’è poco da fare, salvo registrare le variazioni di livello e verificare che non causino problemi a eventuali infrastrutture presenti. Ma se il problema deriva da attività antropiche, sarebbe il caso di porre in atto dei rimedi, anche perché in questi casi la progressione è più rapida, perché viaggia su scala umana, non geologica, quindi le tempistiche non si misurano certo in milioni di anni o millenni, bensì in anni o addirittura mesi. In pratica, significa che ogni anno il suolo si abbassa di qualche centimetro o addirittura di decimetri, su aree di grandezza variabile, ma comunque quantificabili fra le decine e le migliaia di chilometri quadrati.

Questo sprofondamento produce una serie di problemi alle zone interessate, sia in superficie che nel sottosuolo. In particolare, nelle aree urbanizzate le costruzioni possono subire lesioni strutturali tali da comprometterne le funzioni. Ma anche la compressione dei livelli sottostanti ha conseguenze non da poco: per esempio, la capienza delle falde acquifere viene compromessa in modo permanente, perché è come se i nostri “serbatoi” naturali venissero schiacciati, perdendo quindi di volume.
Inoltre, un suolo ribassato è più soggetto a rischi alluvionali, problema non da poco in un’epoca in cui sono sempre più frequenti gli eventi di precipitazioni violente, spesso indicate come “bombe d’acqua”. Questa vulnerabilità aumenta considerevolmente nelle zone costiere, specialmente in vista dell’innalzamento progressivo del livello dei mari.

In Italia, la splendida e fragile Venezia è l’esempio più lampante delle problematiche legate alla concomitanza dei due fenomeni, la terra che si abbassa e il mare che sale. Il fenomeno dell’acqua alta, fino a qualche anno fa visto generalmente come pittoresca attrazione per turisti curiosi, sta aumentando di frequenza e livello, producendo troppo spesso danni ai residenti. Di questo passo, nemmeno il MOSE, entrato di recente in funzione per qualche volta, potrà proteggere la città da questi eventi estremi, rischiando di renderla a breve invivibile per i suoi abitanti, costretti a spalare fango sempre più di frequente.
Il problema è presente anche poco più a sud, lungo il litorale ravennate, che si abbassa ogni anno di qualche millimetro. In questo caso, fortemente indiziati rispetto alle cause del fenomeno sono gli impianti di estrazione della zona, che da decenni pompano via milioni di metri cubi di idrocarburi dal sottosuolo.
Ma il fenomeno è di portata globale ed è spesso legato all’aumento esponenziale dei prelievi idrici, per soddisfare i bisogni di una popolazione crescente e di un’agricoltura ancora troppo legata ai consumi di acqua, tanto che l’Unesco ha di recente finanziato uno studio per valutare l’incidenza del problema e individuare possibili soluzioni. Secondo tale studio, entro il 2040 il 19% della popolazione mondiale sarà minacciato o danneggiato dal fenomeno della subsidenza.
In altre parole, fra meno di vent’anni, una persona su cinque – oltre un miliardo e mezzo di individui – avrà problemi perché la terra gli sprofonda letteralmente sotto i piedi, una prospettiva piuttosto preoccupante, specie se associata a tutte le altre problematiche ambientali (e non) che ci attendono nel prossimo futuro. Per esemplificare, il previsto aumento dei periodi di siccità prolungata indurrà presumibilmente a implementare i prelievi idrici, cosa che a sua volta aumenterà la subsidenza, che a sua volta ridurrà la capacità di reintegro delle falde acquifere, che a loro volta nelle zone costiere rischieranno di essere infiltrate dalle acque salate in risalita dal mare …. un circolo vizioso di problematiche intrecciate che complicherà non poco le nostre vite, in tempi relativamente brevi.

Non si tratta di previsioni pessimistiche dei soliti “ambientalisti catastrofisti”, ma della semplice proiezione di dinamiche in atto, che ad oggi già interessano 34 stati e 200 località, in prevalenza in Asia. Emblematico il caso di Jakarta, che in 10 anni si è abbassata di due metri e mezzo, tanto che il governo indonesiano sta valutando il trasferimento della capitale. Anche l’Iran vede sprofondare rapidamente le sue città, a causa dell’aumento dei prelievi idrici a fronte della crescita della popolazione. Discorso analogo per i due giganti demografici, India e Cina, che pompano enormi quantità d’acqua dal sottosuolo per soddisfare le esigenze della loro vasta popolazione.
In America il fenomeno interessa in particolare Stati Uniti e Messico, mentre in Europa, oltre a quanto già accennato per l’Italia, rischia grosso anche l’Olanda, il cui nome originario non a caso è Paesi Bassi, visto che un quarto del suo territorio è ormai sotto il livello del mare.

La subsidenza è dunque destinata a diventare nel giro di pochi anni un altro dei tanti problemi ambientali che ci affliggeranno, sempre a causa dello sfruttamento eccessivo del pianeta da parte dell’uomo, una tendenza distruttiva e autodistruttiva che al momento non pare accenni a fermarsi.

Fonte: https://science.sciencemag.org/content/371/6524/34

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