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Archivio Rassegna Stampa

IUCN - Incontro a New York per gli investimenti nella conservazione della natura

EEB - UN declares right to a healthy environment: can the EU keep up?

The UN has finally recognised the right to a healthy environment as a universal human right. In a year that has seen people’s basic needs threatened and violated by climate disasters across the globe, the EEB urges the EU to guarantee this right for all, write Ruby Silk and Margarida Martins.

https://meta.eeb.org/2022/09/07/un-declares-right-to-a-healthy-environment-can-the-eu-keep-up/

IUCN - Dragonflies threatened as wetlands around the world disappear

The destruction of wetlands is driving the decline of dragonflies worldwide, according to the first global assessment of these species in today’s update of the IUCN Red List of Threatened Species™. Their decline is symptomatic of the widespread loss of the marshes, swamps and free-flowing rivers they breed in, mostly driven by the expansion of unsustainable agriculture and urbanisation around the world.

https://www.iucn.org/news/species/202112/dragonflies-threatened-wetlands-around-world-disappear-iucn-red-list

EEB - Non-replaceable batteries are bad news for the environment and consumers

Planning to buy a smartphone, an e-bike or any other product that includes a rechargeable battery for Christmas? New research shows that most batteries in today’s products cannot be easily removed, replaced or repaired, resulting in shorter device lifetimes, a loss of rare and valuable materials and billions in unnecessary consumer expenditure, writes Chloé Mikolajczak.

https://meta.eeb.org/2021/12/07/non-replaceable-batteries-are-bad-news-for-the-environment-and-consumers/

IUCN - IUCN World Conservation Congress to be held from 3 to 11 September 2021 in Marseille

The International Union for Conservation of Nature (IUCN) and the French government have agreed to hold the IUCN World Conservation Congress 2020 from 3 to 11 September 2021 in Marseille. The event, originally scheduled for June 2020, was postponed due to the COVID-19 pandemic.

https://www.iucn.org/news/secretariat/202012/iucn-world-conservation-congress-be-held-3-11-september-2021-marseille

EEB - Future farming: cultivating people-friendly food systems

Short-term and insecure contracts, dire working conditions, widespread suffering caused by diet-related diseases. Our current food system leaves a lot to be desired for the people working in and buying from it.

Asger Mindegaard and Celia Nyssens look into needed changes to make the EU food system a driver of social sustainability – for producers, workers and consumers alike.

https://meta.eeb.org/2021/01/13/future-farming-cultivating-people-friendly-food-systems/

IUCN - European bison recovering, 31 species declared Extinct

The European bison (Bison bonasus), Europe’s largest land mammal, has moved from Vulnerable to Near Threatened thanks to continued conservation efforts, according to today’s update of the IUCN Red List of Threatened Species™. With this update, 31 species also move into the Extinct category, and all of the world’s freshwater dolphin species are now threatened with extinction.

https://www.iucn.org/news/species/202012/european-bison-recovering-31-species-declared-extinct-iucn-red-list

Ambientalismo e neoambientalismo, la faglia generazionale

Riccardo Graziano

Era l’ormai lontano 1948 quando, fra le macerie della guerra e la ricostruzione in corso, un gruppo di pionieri dell’ambientalismo decise di fondare il MIPN – Movimento Italiano per la Protezione della Natura, che qualche anno dopo avrebbe preso la denominazione di Pro Natura, attiva tutt’oggi e col vanto di essere la prima organizzazione ecologista italiana, con oltre settanta anni di attività.

In tutti questi decenni, sono state innumerevoli le istanze e le battaglie portate avanti da Pro Natura e da tutte le altre organizzazioni ambientaliste che via via si sono formate e strutturate, cercando in primo luogo di tutelare un patrimonio naturale sempre più aggredito e devastato in nome di un modello di sviluppo economico insostenibile. Ma ben presto ci si è resi conto che la sola tutela del patrimonio naturale non era sufficiente: "l’ambientalismo senza lotta di classe è giardinaggio" diceva Chico Mendes, ucciso per il suo impegno a tutela della foresta amazzonica. Per questo le associazioni ambientaliste hanno iniziato ad affiancare all’attività di tutela del patrimonio naturale quella di denuncia di un sistema socio-economico rapace e distruttivo, lanciando appelli sempre più accorati (e inascoltati) per attuare una svolta radicale verso una maggiore sostenibilità, perseguendo la ricerca del benessere senza infliggere danni permanenti alla biosfera che ci consente di sopravvivere.

Un messaggio, lo ripetiamo, pervicacemente ignorato dalle élite dominanti, ma anche dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica dei Paesi sviluppati, troppo intenta a farsi sedurre dall’illusorio benessere offerto dal capitalismo e da tutti gli altri “-ismi” suoi corollari: consumismo, sviluppismo, liberismo, edonismo, individualismo, globalismo e chi più ne ha più ne metta. Per decenni gli ambientalisti si sono sgolati a urlare avvertimenti e allarmi all’indirizzo di un sistema economico avido e predatorio, di “rappresentanti” politici inetti e collusi e di un’opinione pubblica distratta e menefreghista, collezionando sconfitte e frustrazioni, finché ….

Finché il danno ambientale e il rischio climatico sono diventati talmente macroscopici da essere evidenti e innegabili persino per i più distratti, eccezion fatta per i negazionisti di mestiere, che negano l’evidenza e portano avanti pervicacemente una miope difesa dei loro interessi personali a scapito del bene comune.

Questa presa di coscienza ha messo in moto la (ri)scoperta delle tematiche ambientali da parte delle generazioni più giovani, dopo decenni di oggettivo declino dovuto in buona parte all’assenza di coinvolgimento delle generazioni di mezzo, quelle appunto che, come si diceva poc’anzi, si erano cullate nell’illusorio benessere dell’era del capitalismo suadente e “felice”, prima che il suo vero volto fatto di sfruttamento e devastazione diventasse palese.

Ora, questa (ri)presa di coscienza ambientale e sociale da parte della generazione dei millennials – i giovani nati a cavallo del cambio di millennio – non poteva che far piacere agli anziani ecologisti boomers, quelli nati negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, stanchi e frustrati da decenni di battaglie ambientaliste di cui poche vinte e troppe perse e che avevano visto calare inesorabilmente l’attenzione dell’opinione pubblica su questi argomenti.

La (ri)nascita di un movimento ecologista sembrava di ottimo auspicio, ma la realtà attuale ha smorzato parecchio gli entusiasmi, almeno di qualcuno. Innanzitutto perché molti dei nuovi ambientalisti sembrano spesso atteggiarsi come se fossero i primi e gli unici a preoccuparsi delle sorti del pianeta, senza ombra di riconoscimento del grande lavoro fatto finora dalle associazioni che li hanno preceduti e che tuttora portano avanti la duplice attività di tutela del patrimonio naturale e denuncia dei danni ambientali in continuo aumento. Lo dimostra il fatto che una parte preponderante di loro, anziché incanalare il proprio entusiasmo e le proprie rivendicazioni all’interno delle associazioni ambientaliste già esistenti, attive da decenni e ben strutturate, ha preferito fondarne altre ex novo, con tutte le problematiche relative all’inesperienza e alla mancanza di basi solide su cui poggiare. Questi ragazzi avevano la possibilità di “camminare sulle spalle dei giganti”, apprezzando e portando avanti il lavoro che altri avevano fatto prima del loro ingresso nel mondo dell’ambientalismo, nonché del loro ingresso nel mondo tout court, cioè ben prima che loro nascessero. Invece hanno preferito partire da zero, senza ombra di riconoscimento di tutto il lavoro svolto prima, come se fosse inutile o sbagliato. E hanno anche scelto metodi di intervento e di lotta discutibili, troppo spesso scarsamente efficaci se non addirittura controproducenti.

Un giudizio troppo severo da parte di un anziano ecologista amareggiato e frustrato? Forse, ma proviamo a dare un’occhiata oggettiva all’azione dei principali movimenti neoecologisti.

I primi in ordine di apparizione e probabilmente tuttora i più numerosi sono i Fridays For Future (FFF), nati su ispirazione degli “scioperi del venerdì” iniziati dall’adolescente svedese Greta Thunberg, giovane attivista preparata e determinata, leader in grado di amplificare il messaggio ecologista e smuovere le coscienze. Ma dopo un boom iniziale davvero notevole e promettente, il movimento sembra asciugarsi lentamente, senza aver conseguito successi significativi e proporzionali alla ribalta mediatica ottenuta inizialmente, forse anche perché troppo legato a una “liturgia” che a volte sembra preponderante rispetto al messaggio e alle rivendicazioni, a partire proprio dalla consuetudine di reiterare gli “scioperi” per il clima al venerdì, giornata lavorativa che impedisce la partecipazione dei lavoratori. Ne consegue che a queste manifestazioni riescono a partecipare solo gli studenti e alcuni vecchi ambientalisti boomers, grazie al fatto di essere ormai in pensione…. Ma l’assenza delle generazioni intermedie, quelle mature e produttive, pesa molto e contribuisce a esacerbare quella frattura sociale e generazionale che ha provocato il declino del movimento ambientalista durato una trentina d’anni. Oggi ci sarebbe l’occasione di coinvolgere nella lotta quelle generazioni di mezzo che ben poco si sono interessate alle tematiche ecologiche, ma la scelta di manifestare in un giorno lavorativo ne impedisce o quantomeno non ne incentiva la partecipazione, contribuendo ad approfondire il solco generazionale. In più, FFF rifiuta la presenza di bandiere di appartenenza alle proprie manifestazioni. Ora, se questa cosa è comprensibile per quello che riguarda i vessilli di partito e persino dei sindacati, per evitare strumentalizzazioni, è francamente incomprensibile per quanto riguarda le bandiere delle altre associazioni ambientaliste, che con la loro presenza darebbero anche l’impressione di una comune volontà di intenti e di collaborazione. Il problema è dunque capire se tale volontà di collaborazione col resto del mondo ecologista è presente all’interno di Fridays For Future, cosa che a prima vista non sembra.

Altra associazione nata sull’onda neoecologista è Extintion Rebellion (XR) un movimento che “chiama alla disobbedienza civile nonviolenta per chiedere ai governi di invertire la rotta che ci sta portando verso il disastro climatico e ecologico”.  Sulla reale efficacia della “disobbedienza civile” ci sarebbe da discutere a lungo. Tuttavia, abbiamo anche sentito esponenti di XR teorizzare sul fatto che storicamente le rivoluzioni si sono innescate quando il 3 per cento della popolazione era determinata a farle partire. Anche sorvolando sull’ossimoro potenziale fra rivoluzione e nonviolenza, in termini strettamente quantitativi per l’Italia significa un milione ottocentomila persone disposte a “rivoluzionare” il Paese e le proprie vite in nome della svolta ecologica, un numero che ci pare francamente lontano rispetto all’attuale capacità di mobilitazione del movimento ambientalista nella sua interezza, figuriamoci se frammentato al suo interno. Inoltre, la componente quantitativa è necessaria, ma non sufficiente, come si dice in matematica. Occorre che i “rivoluzionari” siano di qualità, ovvero inseriti nei gangli strategici del sistema socioeconomico, per poter essere efficaci, qualcosa che difficilmente è appannaggio degli ambientalisti che, come abbiamo visto, sono in maggioranza studenti o pensionati. Dunque resta solo la “disobbedienza civile”. Auguri.

Per ultimi, è il caso di dirlo, sono spuntati i neoecologisti di Ultima Generazione, quelli diventati famosi perché vanno in giro a imbrattare monumenti per denunciare la mancanza di volontà politica nel contrastare i cambiamenti climatici. Definizione forse un po’ schematica e semplicistica, ma questo è il messaggio che loro stessi hanno contribuito a far passare nella maggioranza dell’opinione pubblica, senza peraltro ottenere nessun risultato concreto e alienandosi anche la (poca) simpatia che la stessa opinione pubblica sembrava iniziare a manifestare nei confronti degli ecologisti. Un’azione dunque non solo inutile, ma pure controproducente, che rischia di squalificare l’intero movimento ambientalista facendolo passare per una massa di teppisti fanatici. Del resto, protestare contro le brutture fatte dall’umanità imbrattando le cose belle fatte dall’umanità stessa è già una contraddizione in termini. Ma su una cosa questi ragazzi hanno purtroppo ragione: se si continua così, la loro sarà davvero l’Ultima Generazione.

Per questo sarebbe il caso di invertire la rotta quanto prima possibile e in maniera decisa, ma il sistema politico e socioeconomico globale non sembra intenzionato ad agire in questo senso, o almeno non abbastanza in fretta. E un’azione forte e determinata di un movimento ambientalista numeroso e coeso sarebbe auspicabile per spingere l’opinione pubblica e di conseguenza i decisori politici in questa direzione.

Ma sembra che i movimenti ecologisti non siano purtroppo così numerosi e, soprattutto, non si intravede la necessaria coesione, anzi la spaccatura fra ecologisti della prima ora e neoecologisti attuali sembra assai difficile da colmare. E pensare che già i nostri avi dicevano “se gioventù sapesse, se vecchiaia potesse….”.

Ecco, i vecchi – pardon, anziani, pardon, diversamente giovani – ambientalisti “storici” sono qui, con tutto il loro bagaglio di lotte, esperienze e piccole vittorie, pronti a supportare questa nuova ondata ecologista, con rinnovato entusiasmo. Resta da capire se fra i giovani che hanno preferito fondare nuovi movimenti ci sia una reale volontà di ascolto e collaborazione, cosa che al momento non sembra. Ma saremmo felicissimi di essere smentiti.

Comunicare con i giovani nel 2023

Edoardo Ricci

PREMESSA
Questo articolo non ha la pretesa di trovare soluzioni a problemi complessi, ma di mettere sotto i riflettori come l’attività delle associazioni ambientaliste, specialmente di gruppi attivi a livello locale e di medio-piccole dimensioni, influenzi e potrebbe incentivare la partecipazione attiva dei ragazzi tra i 18 e 30 anni. Con questo articolo, noi giovani ci rivolgiamo al mondo delle associazioni classiche, per eliminare il pregiudizio antico che le nuove generazioni siano sempre più pigre e disinteressate alla vita sociale rispetto alle precedenti. Cerchiamo allora di capire come mai realtà storiche attive sui temi ambientali e di protezione della natura e del territorio stiano subendo un declino di iscritti o, nei migliori dei casi, una lenta crescita, e perché questo accade in un momento storico nel quale in televisione e sui giornali sentiamo ogni giorno che c’è sempre più attenzione sui temi dell’ecologia e della protezione dell’ambiente. Questo ovviamente è un ragionamento molto generalista, non tutte le piccole associazioni sono in questa situazione, e anzi ogni anno nuovi gruppi nascono e altri esplodono di attivisti e volontari, vedi i gruppi più politicamente rumorosi e mediaticamente seguiti come “Ultima Generazione”, “Extinction Rebellion” e “Just Stop Oil”. Come mai questi gruppi sono così dominanti nel dibattito pubblico? Cos’hanno questi movimenti di diverso per attirare tutte queste attenzioni? Ma prima mettiamo una base sulla quale costruire il nostro ragionamento: I giovani sono interessati all’ambiente? Ho intervistato diversi studenti appartenenti all’Alma Mater Studiorum di Bologna. Studenti di corsi di laurea diversi e quindi con background diversi, ma che nel corso del mio lavoro ho notato avere dei punti in comune nelle loro argomentazioni, punti che ora andremo ad analizzare uno a uno.
    
CI INTERESSANO I TEMI AMBIENTALI?
La risposta in breve sarebbe sì, ci interessano i temi ambientali, o quanto meno molto più che in passato. Fortunatamente questa sensibilità oggi è molto più diffusa, ma ci sono delle notevoli differenze in base a molti fattori sociali, noi prendiamo in considerazione l’età: Secondo ISTAT: “L’età rappresenta un’importante determinante della variabilità delle preoccupazioni ambientali. I giovani fino a 24 anni sono più sensibili delle persone più adulte per quanto riguarda la perdita della biodiversità (il 31,1% tra i 14 e i 24 anni contro il 19,4% degli over 55), la distruzione delle foreste (26,2% contro 20,1%) e l’esaurimento delle risorse naturali (30,3% contro 22,6%).” (https://www.istat.it/it/files//2023/05/TODAYCOMPORTAMENTIAMBIENTALI2022.pdf). O ancora da ANSA: “Gli adolescenti italiani si dimostrano sempre più sensibili ai temi che riguardano la sostenibilità, intesa maggiormente come rispetto e difesa ambientale (41%), ma anche presa in considerazione dal punto di vista sociale (23%) e alimentare (33%).”(https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/teen/2021/09/30/adolescenti-come-greta-thunberg-sempre-piu-sensibili-alla-sostenibilita-ambientale_c980ef7d-d593-4727-b742-64185a061c8f.html) Questi dati hanno avuto la loro rappresentazione pratica con tutto ciò che ha riguardato il movimento Fridays For Future nato grazie a Greta Thunberg. Una partecipazione giovanile senza precedenti, un fenomeno sociale e culturale che dobbiamo studiare bene: come ha fatto una ragazzina di soli 15 anni a mettere in moto un fenomeno così grande e complesso? Sicuramente trovarsi nel luogo giusto nel momento giusto ha aiutato, ma tantissimo di quello che ha dato forza a FFF è stata la sua capacità comunicativa e l’abile utilizzo di uno strumento estremamente potente: i social.

AL PASSO CON I TEMPI
C’è chi li vede solo come una perdita di tempo e un mezzo di disinformazione, ma se ci fermiamo a questa visione rischiamo di non apprezzarne il potenziale e di non vedere quanto oggi le grandi piattaforme siano parte integrante del tessuto socio-economico globale e italiano: “In Italia, a Gennaio 2022, su una popolazione residente di circa 59 milioni di persone, si contano circa 50 milioni di persone connesse a internet (84,3%) e circa 42,2 milioni di utenti attivi iscritti ad almeno un social media (71,6%).” (https://italiaindati.com/internet-e-social-network/) “In Italia, i giovani tra i 18 e i 30 anni, i primi cresciuti durante il boom dei social network e del web 2.0, sono il 14% della popolazione, la percentuale più bassa di tutta Europa. Di questi, il 91% è iscritto a un social network”. (https://www.repubblica.it/tecnologia/2012/11/21/news/italia_il_91_dei_giovani_social-47128623/).
In caso servisse un’altra prova di quanto siano rilevanti i social nella comunicazione, vi sfido a trovare un singolo personaggio pubblico o politico che non sia presente e attivo su Facebook o Twitter. È ormai evidente che stiamo vivendo un cambiamento nel modo di comunicare. Anche i giornali stanno spostando sempre di più le loro risorse online, spinti dalla crisi della carta stampata e dal sempre più frequente utilizzo dei social come mezzo di informazione. Per raggiungere le nuove generazioni e rendere più rilevanti le nostre associazioni, non possiamo ignorare queste piattaforme e questo cambiamento. Ogni social ha le sue regole, i suoi modi di esprimersi e soprattutto un target diverso: se vogliamo comunicare con un pubblico adulto, utilizzeremo principalmente Facebook; se vogliamo raggiungere i ragazzi, useremo Instagram, e così via. Ma come si applicano queste informazioni alle associazioni ambientaliste? Ci interessa davvero come opportunità? Ci deve interessare. Altro fattore emerso durante le interviste è quanto sia difficile per chi non è già all'interno di questo sistema conoscere associazioni, soprattutto locali e più silenziose; “Non sapevo che ci fosse anche a Bologna”, parlando di una delle associazioni ambientaliste più importanti e conosciute al mondo. È una risposta che già potrebbe farci riflettere, ma che mostra una criticità importante nel rapporto che abbiamo con l'esterno: non facciamo pubblicità. La parola "pubblicità" nel mondo del volontariato e delle associazioni senza scopo di lucro è spesso quasi malvista. Non c'è nulla di male nell'investire fondi e tempo nella promozione di ciò che si fa all'interno delle associazioni, anzi, ciò permette di far parlare i fatti e di raggiungere sempre più persone. I social sono straordinari in questo senso: una buona pagina social permette di valorizzare il proprio lavoro e di diffonderlo, raggiungendo un vasto pubblico in modo totalmente gratuito (in maniera anche molto più efficiente che appendendo volantini per strada). E la pubblicità non è l'unico servizio che possiamo ottenere; i social permettono anche di fare informazione di ottima qualità. Soprattutto su piattaforme che consentono contenuti più complessi, come YouTube, negli ultimi 10 anni sono nati moltissimi canali di divulgazione scientifica. Gli esempi, anche solo in Italia, sono moltissimi: da Dario Bressanini, Ruggero Rollini, il canale "Entropy for life" di Giacomo Moro Mauretto, "Barbascura X", "Zoosparkle" e Andrea Boscherini sono seguitissimi da ragazzi e adulti, che ne hanno riconosciuto un tipo di contenuto che manca altrove e che ha un valore. Il tema degli influencer è vastissimo, ma ci dimostra che quel tipo di comunicazione funziona ed è richiesta. Ancora una volta possiamo prendere ciò che sta già accadendo su internet come esempio virtuoso da portare nelle nostre associazioni.

CREARE UNA COMUNITY
Questa componente è molto variabile e cambia da gruppo a gruppo. Sicuramente possiamo dire che creare legami tra persone all'interno della stessa associazione è importantissimo. Quello che possiamo fare per incentivare questo meccanismo è non trascurare la salute sociale delle nostre associazioni. Organizzare eventi e cene è un modo per conoscersi tra soci, ma è anche importante creare canali come WhatsApp e Telegram per comunicare in maniera più o meno informale. La coesione è una chiave importantissima per attirare persone dall'esterno. Mi è capitato di parlare con ragazzi che in vari ambiti associativi si sono allontanati perché non si sentivano accolti o in contatto con il gruppo, o che dopo mesi non avevano ancora avuto modo di conoscere altri soci. Questa struttura permette di rimanere in contatto anche quando, come spesso accade a noi studenti, ci si sposta o trasferisce per motivi di lavoro o studio. Il senso di appartenenza rende più solida anche in quei casi la partecipazione e il legame con l'associazione. Un discorso simile va fatto tra le diverse associazioni: organizzare momenti di scambio di idee e di socializzazione, oltre a progetti e collaborazioni, permette di avvicinare i vari gruppi e prevenire il fenomeno, molto frequente tra le piccole associazioni locali, di rivalità e campanilismo, che vanno poi a minare la credibilità del gruppo.

UNIVERSITÀ E SCUOLE
Un altro capitolo da aprire quando si parla di coinvolgimento giovanile e di educazione ambientale. Iniziamo parlando delle università, in particolare per quanto riguarda le associazioni con un'inclinazione più orientata alla ricerca e alla protezione della natura rispetto alla sola divulgazione. La possibilità di collaborare con i vari atenei è un'ottima occasione per collegare sempre meglio il mondo accademico e scientifico alle persone comuni e per creare progetti con una utilità sia scientifica che sociale. Negli ultimi due anni, la mia attività di rappresentante degli studenti mi ha permesso di parlare molto con i ragazzi di Scienze Naturali e Scienze Biologiche; molto spesso mi è stato segnalato il desiderio di partecipare ad attività extracurricolari di interesse naturalistico e di avere difficoltà nel venire a contatto con queste opportunità. Il ruolo che le associazioni potrebbero avere potrebbe essere proprio quello di intercettare questo interesse e organizzare assieme a professori e agli atenei attività di citizen science, proporre tirocini, tesi di laurea e stage. Organizzare questo tipo di eventi è anche un ottimo modo per farsi pubblicità davanti a un pubblico già interessato al tema Natura, diventando un catalizzatore di opportunità per i giovani appassionati e uno stimolo per coloro che stanno cercando di entrare in questo mondo. Un esempio di grande successo di cui ho avuto esperienza diretta sono i campi di volontariato come quelli organizzati dal Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, ai quali partecipano sia adulti che ragazzi con un lodevole successo. Per quanto riguarda invece le scuole, soprattutto la primaria e l'infanzia, si sta vedendo un forte interesse e una sensibilità ambientale importante nei docenti, che sempre più spesso sono loro i primi a contattare le associazioni locali per creare attività per i giovanissimi. Meno scontata è la situazione alle scuole medie e superiori, dove le Scienze già vengono insegnate poco, e quelle Naturali ancora meno. Potremmo noi, come lobby ambientalista, chiedere che questa situazione cambi? Forse sì, ma è un lavoro che richiede coraggio e una forte coesione. Vedremo nei prossimi anni se si riuscirà a raggiungere tale obiettivo. Uno dei ruoli sociali che le nostre associazioni dovrebbero avere è proprio quello di tradurre e portare alle masse le scoperte e gli insegnamenti che il mondo scientifico ci offre, e riuscire ad entrare nelle scuole e nelle università ci permette di colmare una carenza educativa nella scuola italiana, offrendo una migliore opportunità di apprendimento per i ragazzi.

CONCLUSIONE
Il filo conduttore dietro a questa piccola ricerca è sempre uno solo: se si vuole rendere inclusiva e aperta a tutti la partecipazione alla vita associativa, l'unico modo per farlo è discutendo di politiche giovanili, comunicare con i ragazzi e capire nei singoli centri cosa loro vogliono portare alla collettività e cosa la collettività può offrire loro. Alcune associazioni già fanno questa cosa, e i risultati si vedono. Anche questo articolo da solo mostra che da parte di molti c'è un interesse ad avvicinarsi ai giovani, ma accettare il cambiamento e le novità spesso è più difficile di quanto vorremmo credere e alcuni fanno ancora molta fatica. La parola chiave è dialogo.