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Archivio Rassegna Stampa

IUCN - Incontro a New York per gli investimenti nella conservazione della natura

EEB - UN declares right to a healthy environment: can the EU keep up?

The UN has finally recognised the right to a healthy environment as a universal human right. In a year that has seen people’s basic needs threatened and violated by climate disasters across the globe, the EEB urges the EU to guarantee this right for all, write Ruby Silk and Margarida Martins.

https://meta.eeb.org/2022/09/07/un-declares-right-to-a-healthy-environment-can-the-eu-keep-up/

IUCN - Dragonflies threatened as wetlands around the world disappear

The destruction of wetlands is driving the decline of dragonflies worldwide, according to the first global assessment of these species in today’s update of the IUCN Red List of Threatened Species™. Their decline is symptomatic of the widespread loss of the marshes, swamps and free-flowing rivers they breed in, mostly driven by the expansion of unsustainable agriculture and urbanisation around the world.

https://www.iucn.org/news/species/202112/dragonflies-threatened-wetlands-around-world-disappear-iucn-red-list

EEB - Non-replaceable batteries are bad news for the environment and consumers

Planning to buy a smartphone, an e-bike or any other product that includes a rechargeable battery for Christmas? New research shows that most batteries in today’s products cannot be easily removed, replaced or repaired, resulting in shorter device lifetimes, a loss of rare and valuable materials and billions in unnecessary consumer expenditure, writes Chloé Mikolajczak.

https://meta.eeb.org/2021/12/07/non-replaceable-batteries-are-bad-news-for-the-environment-and-consumers/

IUCN - IUCN World Conservation Congress to be held from 3 to 11 September 2021 in Marseille

The International Union for Conservation of Nature (IUCN) and the French government have agreed to hold the IUCN World Conservation Congress 2020 from 3 to 11 September 2021 in Marseille. The event, originally scheduled for June 2020, was postponed due to the COVID-19 pandemic.

https://www.iucn.org/news/secretariat/202012/iucn-world-conservation-congress-be-held-3-11-september-2021-marseille

EEB - Future farming: cultivating people-friendly food systems

Short-term and insecure contracts, dire working conditions, widespread suffering caused by diet-related diseases. Our current food system leaves a lot to be desired for the people working in and buying from it.

Asger Mindegaard and Celia Nyssens look into needed changes to make the EU food system a driver of social sustainability – for producers, workers and consumers alike.

https://meta.eeb.org/2021/01/13/future-farming-cultivating-people-friendly-food-systems/

IUCN - European bison recovering, 31 species declared Extinct

The European bison (Bison bonasus), Europe’s largest land mammal, has moved from Vulnerable to Near Threatened thanks to continued conservation efforts, according to today’s update of the IUCN Red List of Threatened Species™. With this update, 31 species also move into the Extinct category, and all of the world’s freshwater dolphin species are now threatened with extinction.

https://www.iucn.org/news/species/202012/european-bison-recovering-31-species-declared-extinct-iucn-red-list

Insetti, che bontà!

Valentino Valentini (Museo Laboratorio della Fauna Minore, Mezzana Salice di San Severino Lucano (Pz)

Lo studio della preistoria e delle antiche civiltà sorte in Eurasia, ma anche nelle Ande e in Mesoamerica, specie per quel che riguarda la gran mole dei reperti fossili, dimostra che per quelle antiche genti i miei amati insetti rientravano ordinariamente nella dieta quotidiana. E’ ampiamente dimostrato che a quei tempi cavallette e locuste, larve di coleotteri e bruchi di farfalle, ma anche formiche e vespe, cicale, termiti e libellule rappresentavano per i nostri antenati un cibo gustoso, nutriente e facile da reperire, e che questi costumi alimentari risalgono all’origine della nostra storia evolutiva. Col progredire, poi, delle tecniche agricole e forestali, molte popolazioni non hanno sentito più la necessità di nutrirsi d’insetti, anche se vi sono comunità in Africa, Asia e America Meridionale che continuano ancor oggi a seguire tale millenaria tradizione.

Tanto per fare un esempio, soprattutto a nord della Tailandia e nelle aree montuose della Cina meridionale, ma il Messico li supera tutti, delle circa 500 specie che si consumano abitualmente in questi paesi ben 300 sono appannaggio delle tavole messicane, compresa una speciale tequila che non è perfetta se non viene preparata immergendovi una larva o bruco di lepidottero, chiamata localmente “cusano” : e questo è il segno più tangibile del forte legame che esiste tra i nostri insetti e la cultura gastronomica messicana. Per non parlare poi del Giappone, dove prelibatezze a base di alcuni tipi di cavallette, larve di imenotteri e persino di tricotteri sono state cibo popolare praticamente sino ad oggi: soprattutto le cavallette si raccoglievano nelle risaie e venivano comunemente consumate specie durante la stagione invernale. Quanto all’Europa, diciamo subito che è alla ricerca di proteine di qualità, a basso costo e a contenuto impatto ambientale ( nell’ambito alimentare, come abbiamo visto, gli insetti rivestono grande interesse ), per un pianeta che nel 2050 avrà più di 9 miliardi di esseri umani, con risorse sempre più scarse e sempre meno terre coltivabili, per non parlare del fenomeno della deforestazione, provocata o meno dal pascolo, inquinamento delle acque e surriscaldamento del clima globale, problemi pesantissimi indubbiamente provocati dalla mentalità “dominatrice” dell’uomo moderno. L’europeo, primo fra tutti, per il quale a quanto sembra, l’idea che questi “insettacci sporchi, brutti e cattivi” possano far parte della dieta quotidiana resta alquanto lontana dal centro decisionale del cervello. Lo dimostrano ignoranza, pregiudizi e “disgusto” di noi europei, che costituiscono una specie di blocco mentale all’adozione degli insetti come fonte di proteine, causato anche dal fatto che noi “moderni” si possa ancora ottenere il paradiso terrestre con l’ausilio della scienza, della tecnologia e dell’industria, sostituendo sistematicamente il mondo naturale, quello che si è sviluppato come risultato di ben 3 miliardi di evoluzione, con un’organizzazione totalmente diversa, dettata dal cosiddetto “sviluppo economico”, identificato poi come il vero “progresso” dell’intera umanità. Ci sta che per molti studiosi di ecologia noi si sia fatto i conti “senza l’oste”, costituito da un’ecosfera sempre più offesa e destabilizzata dai nostri comportamenti. Il vero progresso e la vera ricchezza deriva, al contrario, dal normale funzionamento del mondo naturale, dettato dal clima, favorevole alla vita e di cui peraltro abbiamo goduto per centinaia di milioni di anni, dalle nostre foreste e savane (oggi anch’esse in pericolo), dai fertili terreni agricoli, dai nostri fiumi e ruscelli, dalle sorgenti e dalle falde acquifere (che, se permettete, non abbiamo amato mai abbastanza), dalle nostre più che preziose zone umide, foriere di biodiversità ( oggi sempre più rare e minacciate), dalle più che strepitose barriere coralline ( rese sterili per le temperature sempre più alte), dai nostri mari e oceani ( sempre più offesi da inquinamento e dalla plastica) e da una miriade di forme di vita che, insetti compresi, per nostra buona sorte ancor oggi vi abitano.

Ritornando ai nostri antenati per i quali tutelare la Natura e gli ecosistemi era considerata non solo “un’esigenza scientifica” ma soprattutto un profondo imperativo morale, e riprendendo la controversa questione di questi nostri insetti che diventano così importanti per l’alimentazione umana pur con le dovute cautele igieniche e sanitarie, spero vi piacerà che a questo proposito vi proponga una preghiera dei discepoli del filosofo e “guru” inglese John Bennet, recitata ogni volta prima di mettersi a pranzo, una prece che spero condividerete totalmente con me: “Tutta la vita è una/ E ogni cosa che vive è sacra/ Piante, animali e uomini/ Devono tutti mangiare per vivere e nutrirsi l’un l’altro/ Benediciamo le vite che sono morte per darci del cibo/ Mangiando consapevolmente/ Decisi a pagare col nostro lavoro/ Il debito della nostra esistenza”.

Fondi pubblici per produrre neve artificiale a Pian del Poggio: una scelta poco avveduta

Giuseppe Raggi (Montacuto, AL)

Una notizia su cui è utile riflettere: saranno spesi 128.000 euro (di cui 116.000 a fondo perduto dalla Comunità Montana dell’Oltrepò Pavese e 12.000 da risorse proprie del Comune,) per un impianto di “parziale innevamento programmato del comprensorio sciistico di Pian del Poggio“, nel comune di Santa Margherita di Staffora.
Lo scorso mese di dicembre il Comune, proprietario della seggiovia esistente nella località appenninica, ha incaricato della realizzazione una società altoatesina. Nella “Relazione tecnica” da noi consultata si legge di un “impianto con generatori di neve a ventola”, comprensivo di “stazione di pompaggio” e di “tubazioni in pressione” e che, ai fini della scelta, sono state considerate “la superficie complessiva da innevare”, “l’ubicazione delle fonti di alimentazione idrica ed elettrica”, “la predeterminazione della quantità d’acqua disponibile”, “le condizioni climatiche ed ambientali”, “le ore disponibili per l’innevamento” senza scendere nello specifico.

La storia del comprensorio turistico di Pian del Poggio comincia negli anni settanta: una iniziativa immobiliare (costruzione di seconde case in condominio, apertura di un bar ristorante e di una discoteca), promossa dall’imprenditore Nunzio Schiavi, che realizza anche la seggiovia fino al monte Chiappo (nel 1976) e un rifugio a 1.700 metri, sulla vetta del monte.
Utile rammentare perché oggi il comune di Santa Margherita di Staffora si ritrova ad essere proprietario della seggiovia: già nel 1990, di fronte agli elevati costi da affrontare per compiere la revisione di legge, Schiavi proponeva senza risultato la costituzione di una finanziaria mista con capitale pubblico e privato. Lo scoglio della revisione veniva comunque superato, nel 1993 la proprietà della seggiovia passava a un’altra compagine sociale che proseguiva la gestione sino a che, nel 2010, si riproponeva la necessaria di un’altra costosa revisione, per la cui realizzazione mancavano i fondi. Nel 2011, quindi, la seggiovia chiudeva temporaneamente. Diversi enti (sollecitati anche dai proprietari degli appartamenti del centro turistico, uniti nell’associazione “Poggio 2000”), cercavano una soluzione: la proprietà dell’impianto passava al comune di Santa Margherita di Staffora e per i lavori necessari venivano stanziati oltre 500.000 euro (200.000 dalla Regione Lombardia, 100.000 dalla Provincia di Pavia, 100.000 dalle fondazioni, 70.000 euro dalla Comunità Montana dell’Oltrepò Pavese, 30.000 dal Comune di Voghera, 30.000 dal comune di Ferrera Erbognone e 23.000 dal Comune di Santa Margherita di Staffora). Affidata in gestione ad una società privata, la seggiovia ripartiva nel dicembre 2014.

Ora il Comune e la Comunità Montana hanno scelto di affrontare un ulteriore esborso al fine di realizzare l’impianto per la neve artificiale.
L’ipotesi non è affatto nuova: negli anni ottanta sull’Appennino nevicava a quote relativamente basse, eppure, sul settimanale “Il popolo” del 2 febbraio 1986 “l’inventore” di Pian del Poggio, Nunzio Schiavi, già segnalava le criticità del sito: “è risaputo che tutte le stazioni appenniniche come la nostra devono combattere contro lo scirocco, il vento marino che, in poche ore, può trasformare una pista splendida in una al limite della sciabilità.”. Schiavi, rammentando che fin dal 1984 era stata presa in considerazione l’idea di realizzare un impianto di innevamento artificiale, aggiungeva: “le condizioni meteorologiche adatte a sparare la neve sulle nostre piste si possono verificare non più di 5 o 6 volte durante tutta la stagione invernale ... Occorre anche disporre di molta acqua. Quindi, questo progetto non fornisce al momento garanzie sicure di fattibilità, anche se non è da scartare definitivamente”.

Al giorno d’oggi, nel nostro Appennino possono ancora verificarsi intense nevicate, ma la loro frequenza è drasticamente diminuita: sono troppo intermittenti e quasi sempre troppo avanzate nella stagione. E, per effetto dell’innalzamento delle temperature, la permanenza della neve al suolo si sposta a quote sempre più in alte. In siti come Pian del Poggio, le folate dello scirocco complicano ulteriormente il quadro. Certo, dagli anni ottanta la tecnologia per creare neve artificiale si è evoluta, ma si è acutizzata la crisi idrica e i costi dell’energia elettrica sono esplosi. Non sono poi da tralasciare gli effetti che questa tecnologia riverbera sull’ambiente.
Circa poi le prospettive economiche degli investimenti in nuovi impianti di innevamento, una fonte autorevole, lo studio del dicembre 2022 pubblicato in inglese dalla Banca d’Italia, dal titolo “Cambiamento climatico e turismo invernale per l'Italia”, consultabile sul sito dell’istituto di via Nazionale (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2022-0743/QEF_743_22.pdf), afferma: “i risultati del nostro studio confermano quelli di studi precedenti: questa soluzione non sembra essere risolutiva per mantenere i flussi turistici. Inoltre, i costi dell’innevamento artificiale aumenteranno in modo non lineare rispetto all’incremento delle temperature e, se le temperature aumenteranno oltre una certa soglia, l'innevamento artificiale semplicemente non sarà praticabile, soprattutto alle quote più basse, le più colpite dai cambiamenti climatici. Come sottolineato dall'OCSE fin dal 2007, anche se la neve artificiale può ridurre le perdite finanziarie dovute a casi occasionali di inverni carenti di neve, non può proteggere dalle tendenze sistemiche a lungo termine verso inverni più caldi. In questo contesto sono invece cruciali le strategie di adattamento basate sulla diversificazione delle attività e dei ricavi montani”.

Una serie di esperienze pregresse e di considerazioni attuali che gli enti locali avrebbero dovuto tenere ben presenti (poiché, come si leggeva in un’inchiesta sul tema uscita sul quotidiano “Domani” il 16 gennaio (https://www.editorialedomani.it/longform/dove-e-finita-la-neve-italiana-qr3k5bwg), “c'è un confine sottile tra l'adattamento di un settore a nuove condizioni e l'accanimento terapeutico e lo stabilisce solo la realtà climatica e geografica, non l'ostinazione di imprenditori o amministratori”). 
Invece, la Comunità Montana dell’Oltrepò Pavese, nell’atto di indirizzo con cui ha deliberato il proprio intervento finanziario parla solo di “importante opportunità per incentivare il turismo invernale sul territorio e sviluppare l’economia locale” mentre nella “Relazione tecnica” acquisita dal comune di Santa Margherita di Staffora si legge: “La carenza o la tardiva comparsa della materia prima “neve” compromette la gestione degli impianti di risalita e degli esercizi turistici che richiedono investimenti e costi fissi notevoli. Un impianto di innevamento, oltre a garantire la neve, permette di prolungare la stagione, complementarla e perfezionarla al fine di renderla fruibile e competitiva sul mercato”.
Parliamo di due Enti che hanno che già intrapreso passi importanti per diversificare l’offerta turistica, verso una fruizione multistagionale (con la seggiovia che porta in quota le mountain bike) e lenta (la richiesta di turismo lento è in forte espansione, come testimoniato per esempio dal grande successo dei cammini di lunga percorrenza, quale è la “via del Sale” verso il mar Ligure, che transita proprio sul monte Chiappo), lanciando anche significativi, pur se insufficienti, segnali di attenzione alle peculiarità ambientali del comprensorio: a Pian del Poggio è stato creato un percorso per il “butterfly watching”, un sentiero lungo il quale sono state censite oltre 70 specie di farfalle, anche molto rare. Una bella iniziativa, anche se resta da risolvere il problema della convivenza con i praticanti del “downhill” in mountain bike.
Perciò giudichiamo contradditoria, miope ed irrazionale la scelta di un ulteriore forte impegno finanziario pubblico per supportate un settore, lo sci da discesa nel nostro appennino, che è obiettivamente privo di realistiche prospettive a medio e lungo termine, non solo per il clima mutato, ma anche per l’aumento dei prezzi dell’energia e per la scarsità di acqua.